"La musica di quando ero una pop-star, era più accattivante e meno severa, ma se uno si rilegge i testi ci trova tutto quello che io sono oggi" (Franco Battiato, in un'intervista al Corriere della Sera del 19 luglio 1994), ovvero il Battiato in piena ricerca mistica nel suo eremo di Milo, tra gli aranceti e la pietra lavica dei pendii dell'Etna. Oggi, a 51 anni suonati, dopo aver cercato di fondere lirica, medioriente e canzone pop, il cantautore catanese torna sui suoi passi: sulla via del rock'n'roll. Torna a vestire i panni della pop-star rimettendosi a far rumore. Per la gioia di chi ha amato i suoi album più famosi - un titolo per tutti: La voce del padrone, oltre un milione di dischi venduti in Italia nel 1981 [restò al top della hit-parade per un anno di fila NdJB] - Battiato con il nuovo CD L'imboscata ha ripreso a fare "canzonette":
Il pop allora mi ha sciolto parecchi nodi. Oggi non ho più nodi da sciogliere, ma avevo tanta voglia di fare un disco con un po' di energia. Per esperienza sapevo che la chitarra è uno strumento molto adatto ad un certo tipo di musica, e l'ho ripresa in mano dopo 13 anni. Ho cominciato a lavorare a L'imboscata da Maggio dell'anno scorso [1995], e quindi ci sono canzoni che hanno proprio stagioni diverse, anche se mi auguro che il disco abbia una sua unità. Soprattutto avevo il desiderio di tornare a fare un disco di comunicazione, alla mia maniera, un disco che tentasse di nuovo la via del popolare. Ho usato batteria, basso e chitarra, come un gruppo metallaro, perchè ero alla ricerca di energia, di musica che mi facesse muovere.
Ha sentito bisogno di energia, o il pop rende di più dal punto di vista commerciale?
Quando mi sono dedicato a tempo pieno alla ricerca e alla sperimentazione, ho scoperto che guadagnavo molto di più di quanto mi aspettassi e di quanto avessi realmente bisogno. No, non è il denaro che mi ha spinto a questo disco. C'è una frase di Manlio Sgalambro in un pezzo, Splendide previsioni, che descrive esattamente il mio stato d'animo attuale: "Io sono pronto ad ogni evenienza, ad ogni nuova partenza." Mi piace questa idea di avere sempre il sacco a pelo dietro, pronti e via. E poi mi sono divertito a registrare con il gruppo come se fosse dal vivo. Comunque non ho abbandonato la mia ricerca: quando finirò tutto il lavoro su questo disco, tornerò all'opera, alla lirica - ho già una richiesta - per poi ritornare a questa mirabile sintesi che è la canzone.
E come sono, queste nuove canzoni?
Guardi, io sono soprattutto un ascoltatore delle cose che faccio, un ossessivo ascoltatore, e mi capita durante la composizione di un brano di ascoltarlo migliaia di volte, senza esagerare. Sono veramente ossessionato: da una parte, da quella che si può chiamare "fatica d'ascolto"; e dall'altra, dal raggiungimento di quella che per me è la perfezione di quella cosa. Così quando arrivo alla fine sono sicuro del risultato, anche se so che tutto è relativo a quel momento. Di un disco nel tempo rimangono due pezzi se va bene, tutti gli altri sono un contorno.
Lei da tempo vive a Milo, in Sicilia, in un posto isolato dove anche Lucio Dalla ha comprato una casa e altri cantanti progettano di passarci del tempo. Ma che cosa ha di particolare Milo?
Il posto in cui abito ormai da otto anni, da Aprile a Ottobre, ha soprattutto un'aria ammirabile, un'aria di quelle che non si incontrano quasi più. Anzi, nelle città non si sente più e ogni volta che scendo a Catania capisco cosa significa inquinamento. Però dallo scorso Novembre sono tornato a Catania e devo dire che il clima metropolitano mi piace. Questo balletto, questa differenza fra i due mondi mi intriga molto perchè l'uno mi fa apprezzare l'altro. Non è sempre stato così, sono stato per sette anni a vivere fisso in collina e non mi muovevo mai.. poi mi hanno dato la carica di amministratore nel consiglio del Teatro Bellini di Catania e per me viaggiare era un po' faticoso, andare avanti e indietro, soprattutto d'inverno con la nebbia. Allora ho deciso di prendere una casa a Catania e mi ci sono affezionato.
Dicevamo dei rapporti con Dalla.
Sì, ci vediamo. Anche se di rado. Ma ogni tanto capita che si vada a cena o a pranzo insieme; lui viene a Milo ogni estate, sta a volte un mese, a volte due.. a seconda degli impegni che ha. Gli piace molto la Sicilia.
E a lei piace la Padania?
Ma te lo immagini un Paese che si chiama Padania? Mi sembra di essere nel film Il dittatore dello Stato libero di Bananas.. Comunque non mi preoccupa Bossi. Anche la Sicilia ha avuto, prima di diventare una Regione, problemi con i separatisti, ma la città-stato e il federalismo sono una cosa, il fanatismo è un'altra. E poi si fa una grande confusione, si crede che il federalismo sia contro l'unità d'Italia. Il federalismo, il difendere la propria economia, l'essere autonomi, non vuol dire non far lavorare i meridionali. Non vuol dire considerare lo straniero come un nemico facendo un recinto per non farlo entrare. Da che mondo è mondo tutto viene da "fuori". Non esiste il popolo siciliano, esiste della gente che nasce in Sicilia e che si chiama siciliana, ma non esiste il siciliano per eccellenza: noi siamo figli di turchi, di saraceni, di svevi, di spagnoli, di normanni, di arabi.. Solo la stupidità di un individuo può fargli pensare di essere padrone del territorio in cui nasce. A proposito, visto che ho casa anche a Milano: me la confischeranno?
Negli ultimi anni lei ha accettato le direzioni artistiche dell' "Estate catanese" e della rassegna "Il violino e la selce" di Fano, ruoli istituzionali: ma lei una volta non cantava "mandiamoli in pensione i direttori artistici, gli addetti alla cultura"?
Sì, ho fatto come gli autonomi, gli estremisti di sinistra, che prima contestavano il potere e poi hanno occupato le poltrone del potere. Ma all'epoca parlavo dei direttori artistici delle case discografiche. Comunque mi ha divertito la direzione di questi due festival anche per la reazione del pubblico. Non mi dispiace l'idea di compilare un programma, un calendario che poi attira la gente. Ma quest'anno [1996] credo che smetterò perchè ho troppe cose impegnative da fare. Curare queste rassegne è un lavoro vero, anche perchè sono un direttore artistico presenzialista e mi vedo tutti gli spettacoli.
Ha mai pensato alla televisione?
Certo: non capisco come non si pensi ad una televisione settoriale dove, anche solo per una mezz'ora, trovi spazio la musica pop, di ricerca, la musica classica e anche libri, filosofia.. Il problema è che la tivù di oggi è fatta da dei cialtroni. Una volta sbagliavano perchè le idee di pochi determinavano i gusti di tanti: c'era chi diceva "questo libro è forte, questo è bello" e della cultura di massa nessuno parlava, tutti stavano zitti. Adesso la ricetta di cucina è la cosa più importante della televisione per cui alla massaia si dice soltanto "non comprate questo, comprate quest'altro". E poi la falsità dell'audience: sono tutti dati truccati..
Dopo il rock, il ritorno in città, le direzioni artistiche e la tivù: lei è proprio cambiato. Fa parte dei normali cicli della vita?
Sicuramente. E a chi mi chiede perchè sono cambiato rispondo che è perchè, come dice quel poeta armeno, "solo gli stupidi non cambiano idea"
Dall'eremo al palasport
di Giovanni Pianetta ("TV sorrisi e canzoni", Ottobre 1996)
T'aspetti, entrando nel salone della sua casa milanese che mantiene lo stesso pur vivendo ormai nel suo eremo sulle pendici dell'Etna, di doverti togliere le scarpe per camminare su uno stuolo di tappeti orientali, mentre nella penombra salgono fumi d'incenso. E invece il salone è inondato dalla luce gialla di un miracoloso sole autunnale e lui se ne sta, vivace e ironico più che mai, nell'angolo di un divano, a sgranocchiare un'inusuale fetta di panettone ("Pensavo fosse un anticipo natalizio e invece mi hanno spiegato che ormai i panettoni li fanno tutto l'anno", commenta sconsolato.)
Il 24 Ottobre è uscito il suo nuovo album "L'imboscata", album molto atteso, non solo per il cambio di casa discografica (dopo 18 anni di EMI, questo è il suo primo lavoro per la Polygram), ma anche perchè Franco Battiato accantona le sonorità liriche e il canto mistico per virare su un elettro-rock molto ritmato, dove chitarre e computer la fanno da padroni, senza rinunciare però al suo stile così personale e ai suoi azzardati accostamenti, dove un riff di chitarra elettrica si accompagna a un giro di violini del Nuovo Quartetto Archi. Dieci brani cui hanno collaborato artisti di razza, come la cantante inglese Nicola Walker Smith, la nostra Antonella Ruggiero, Giovanni Lindo Ferretti dei CSI. E poi il chitarrista di Peter Gabriel, David Rhodes; il bassista di Jovanotti, Saturnino; Gavin Harrison, alla batteria. E naturalmente il filosofo siciliano Manlio Sgalambro, con cui Battiato aveva già composto il precedente album ("L'ombrello e la macchina da cucire") e che firma tutti i testi dei brani, solo due in coppia col maestro. Insomma, una bella imboscata tesa ai fan, un tiro mancino col ritorno al rock?
"Sembrerebbe", risponde lui soave, "un tiro mancino. In realtà l'imboscata è questa: che dietro alle cose apparentemente più semplici ci sono altri piani di lettura, e dietro a canzoni pretenziose, che mirano in alto, spesso c'è la pochezza. A volte va premiato lo sforzo di andare al di sotto delle proprie possibilità."
E dove si colloca allora, tra i due filoni, questo nuovo lavoro?
"È un album di compagnia. Per compagnia intendo un album che ti può accompagnare durante un viaggio. Altri miei lavori richiedono un ascolto puntuale per essere seguiti. La gente ormai ascolta la musica mentre fa la spesa o altre cose: è raro trovare chi ascolti musica in intimità, dedicandole del tempo preciso. Questo vuol essere il mio disco: un suono che superi almeno il rumore del tubo di scappamento". E il maestro se la ride.
Alcuni dicono che ci sia un ritorno a "La voce del padrone": è così?
"L'ho sentito dire anch'io, ma non sono accumunabili. Anzi, non ci trovo niente in comune: è un disco falsamente facile. Ma la vera sorpresa, semmai, è il mio ritorno alla chitarra. Dall'83 l'avevo abbandonata, componendo solo sulle tastiere: non le dico come sono stati duri gli inizi coi polpastrelli! Ho lavorato un anno e mezzo intorno a questo disco. E alcuni dei brani sono partiti proprio da un riff di chitarra, e ciò dà un'emozione completamente diversa."
L'album si apre con un filosofo, Sgalambro, che cita in greco antico un altro filosofo, Eraclito..
"È stata una sua idea e la trovo un'abbinata veramente efficace con il pop."
E qual è il brano che preferisce dell'album?
"La cura: ha una sua completezza, emozionalità e finezza."
È un canto d'amore profondo: è autobiografico?
"È una canzone che ognuno può indirizzare a chi vuole: anche a un padre, a una madre o a un figlio. L'amore non è per forza a sfondo sessuale."
Nelle citazioni, lei dedica l'opera allo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino, recentemente scomparso. Un gesto di stima?
"Lo conoscevo e l'avevo sentito proprio qualche giorno prima del suo malore. È un modesto pensiero a una persona che amavo molto."
"Sto approntando la versione in lingua spagnola del disco. E poi una tournée in Marzo. Con una grande novità: lascio i teatri per tornare, dopo 13 anni, a suonare nei Palasport. Con vera gioia. Non è che vorrebbe anche lei una fettina di panettone?"
New age magazine
Intervista televisiva su TMC2, Ottobre 1996
Che cosa dovremmo portare, di questo secolo e di questo millennio, nell'isola della New Age, della Nuova Era?
Quando si parte per nuovi posti bisognerebbe non portarsi niente. Quindi: se stiamo qua, stiamo con tutto quello che abbiamo; se andiamo da un'altra parte, è meglio non avere niente. Anche perchè, sai, i viaggiatori di professione sanno che ogni piccolo peso diventa.. è esponenziale: diventa insopportabile, nel cammino.
Perchè, con il tuo ultimo lavoro "L'imboscata", è stato scritto: "È il primo capitolo della nuova era di Franco Battiato"?
Speriamo! Vuol dire che ho un futuro..
In questo lavoro c'è un turbinio di italiano colto e ironico, greco antico, tedesco, inglese, portoghese, e suoni che suonano "british pop" e cantilene di ispirazione mediterranea. Qual è il messaggio da decifrare in questa babele di suoni che diventano messaggi e parole che diventano suoni?
Mah, forse il multi-linguismo, la multi-razzialità: quello che in fondo è la nostra società oggi, che lo si voglia o no.
Franco, da sempre la tua musica m'ha dato questa idea: un lungo viaggio attraverso le frontiere psicologiche, spirituali, filosofiche dell'uomo. Ecco, a che punto è arrivato questo tuo viaggio?
Nella civiltà della comunicazione interplanetaria - intendo Internet, intendo i satelliti, quindi il "tempo reale" - che cosa ti dà più fastidio, e invece che cosa ti piace di più?
Mi dà forse più fastidio la grossolanità e la imprevedibilità del messaggio, in generale. O, se vogliamo essere più precisi, la possibile inattendibilità di una informazione. Invece da un altro punto di vista trovo entusiasmante che un ragazzo da Caltanissetta possa comunicare con uno in Giappone in tempo reale.
Dal dizionario della lingua italiana Devoto-Oli, alla voce "sintesi", si legge: "Ogni forma conoscitiva in cui, partendo da una serie di elementi singoli, si giunga a una conclusione unitaria". Tu sei giunto alla tua conclusione unitaria?
Ma per fortuna no! Scusa se scherzo su questa cosa, ma.. Già l'uomo raggiunge l'Unità (purtroppo) nella identificazione con l'incazzatura, per esempio. Lì, è una cosa sola.
"Ho ricordi prenatali"
[Con] le sue caste camicie abbottonate fino al collo, i suoi sandali da francescano e gli austeri occhiali in pasta che dissimulano il suo sguardo trascendente, .. sembra .. un intellettuale, un filosofo, un genio, che, astratto nelle sue divagazioni ed esperimenti, ha perso il controllo della sua mente, per svegliarsi disorientato sul palco d'un auditorio presso una moltitudine di folla. Mistico nel pensiero, introverso nella parola, monastico nelle opere ed omissioni, per Battiato la musica è l'idioma della meditazione, .. e la chiave segreta per aprire le porte della felicità.
.. Figlio di un camionista e di una casalinga, aveva due anni quando chiese loro uno strumento. Ma dovette aspettare l'adolescenza, e convincere i nonni, per abbracciare la sua prima chitarra. .. Se ne andò a Milano .. appena raggiunti i 18 anni, e incise una serie di dischi che si regalavano con una rivista di enigmistica.. Il giovane Battiato fece da magazziniere, da fattorino, lavorò nei cabaret, animò balere... Fino a che, nel 1967, s'incrociò nel suo curriculum con uno di quei trovatalenti a stipendio della fortuna. Era il marito di una vedette ( Giorgio Gaber n.d.r.) [che lo fece diventare] una stella dei festival della canzone, da Sanremo all'Eurovisione. Il trionfo, tuttavia, lo annoiò presto. Convinto "proletario dello spirito", nemico dichiarato delle masse, credette di affogare tra le maree d'applausi e affossarsi nel vuoto di una musica pericolosamente superficiale. "Mi sentivo una marionetta in quel mondo falso della canzone", ricorda. Perduta la rotta, si ritrovò sull'orlo del suicidio e precipitò in una profonda depressione dalla quale potè riscattarlo solo il sufismo. L'ideologia razionalista e serena di questa dottrina islamica gli fece accettare che anche i saggi devono guadagnarsi il pane, .. e che la musica può alimentare contemporaneamente lo stomaco e le anime. ..
Lei, che detesta le masse, non deve sentirsi comodo davanti a una platea di migliaia di persone.
La massa è molto pericolosa quando diviene una sola cosa e le idee di ciascuno non contano niente. Per questo il calcio o le ideologie possono risultare cosi perniciosi.
Sente il bisogno degli applausi, delle masse, o le trova volgari?
Mi piace quando canto con un'atmosfera un po' spirituale e vedo che il pubblico sintonizza perfettamente. Questo m'interessa più che l'applauso. L'applauso è un rituale.
Se non dovesse guadagnarsi la vita, si richiuderebbe a cantare per sè stesso invece di fare tournée?
Senza dubbio. Sto bene con me stesso, non perchè mi piaccia la mia persona, ma perchè il silenzio è la mia condizione naturale e la mia forma di capire la vita. Silenzio vuole dire comprendere il sacro del vivere. E' molto interessante.
Perchè è diventato cantante allora? Persino i suoi parenti si opponevano.
La mia prima idea fu di fare soldi. Però, poi, le cose cambiano. E le voglie di successo si convertono nel contrario.
Quali capricci ha adesso?
Non sono un tipo capriccioso. M' interessa solo quello di cui ho bisogno.
Non colleziona macchine o ville?
No. Per me, le cose materiali mancano d'interesse. Quando un cantante ha la fortuna di raggiungere il successo, deve evitare di diventare un sibarita. E' una disgrazia.
Non è che risieda in una catapecchia...
No. In estate, abito in una casa molto bella del secolo XVIII, in una zona rurale di Catania. Ma ciò che è importante non è il lusso dei decori, ma lo spazio; vivere e non trovarsi con nessuno.
Quanto spende al giorno?
Molto poco. M'interessa il denaro perchè permette di fare le cose che desideri, ma non ci penso mai con ansia di averne di più.
A chi lascerà la sua fortuna? Non ha figli.
No, non ne ho. Ti dico la stessa cosa di una cantante dell'epoca nazista: "Gente come me, Greta Garbo o Marlene Dietrich non possono lasciare copia".
Chi sarà quindi il suo erede?
La figlia di mio fratello.
La sua nipotina deve ringraziare il sufismo per l'austerità dello zio, suppongo.
Il sufismo è una religione estrema, come il buddhismo. I mistici sufi lasciano tutto per seguire Dio, per pensare tutto il giorno e non fare del male a nessuno.
Come arrivò a questa religione?
Da giovane, ero ossessionato dal conoscere me stesso. Mi facevo sempre le stesse domande: da dove vieni?, dove vai? (cfr. Il silenzio del rumore e, naturalmente, Chanson egocentrique) Compravo dei libri in cerca di risposta, e in uno di questi scoprii il sufismo.
Cosa trovò in questa dottrina che non ottenesse dal cristianesimo?
Nel sufismo, si pratica la meditazione. Non è come la religione occidentale, dove ti limiti a ripetere "Padre nostro che sei nei Cieli..." senza pensarci. Qui rifletti.
Cosa ha pensato stamattina?
La meditazione ha una opzione meravigliosa: non pensare. Libertà fantastica; senza pensieri.
Crede che le depressioni l'avrebbero sconfitto, senza il conforto di questo credo coranico?
Senza dubbio. Sarei morto, morto. Io non ero felice, perchè mi mancava la vera realtà, vivere come io volevo e non come dicono gli altri. Adesso, da 32 anni, mi sostiene questa idea, meditare quando mi risveglio e prima di dormire, ascoltare le cose sottili, quelle che non si vedono in un semplice sguardo .
Per quali domande vorrebbe trovare risposta?
Per molte. Ma mi piace anche sapere che ancora rimangono molte cose da scoprire.
Si vede genio, poeta o filosofo?
Mi considero un uomo. E spero di non sbagliare nella mia percezione.
Qual è il primo ricordo che conserva? [se avesse ascoltato Mesopotamia non gliel'avrebbe chiesto ;-) ndJB]
È qualcosa che ha a che fare con il pericolo. Ho coscienza prenatale, di prima di nascere.
Come?
Credo alla reincarnazione. Quando una energia entra nel feto di una donna, comincia la vita. E io ricordo perfettamente la mia entrata.
E quello che fu in vite anteriori?
Credo di sì. Ma non indago, ciò che m'interessa è quello che sono oggi.
Si guarda allo specchio o cura soltanto l'anima?
Sì mi preoccupa l'aspetto, perchè sono cantante ed è importante offrire un'immagine con una certa purezza.
Ma le sue camicie e i sandali sono più di moda nei monasteri che nelle passerelle di Milano.
Mi vesto come voglio. Se ho voglia di tingermi i capelli, lo faccio. Sono un uomo libero. Alcuni anni non compro nessun vestito. E, come massimo, compro solo quattro capi.
Sembra molto metodico.
Lo sono, ma prima ero il contrario.
A che ora si alza?
Molto presto. Sempre tra le sei e le sette. Medito per un'ora e, poi, mi dedico alla mia professione.
Un mistico come Lei, perde tempo ad innamorarsi della carne? [che frase idiota! ndJB]
Sono celibe e ormai non m' innamoro più, spero. Anche se penso che l'amore sia meraviglioso.
Perchè?
Perchè altera la condizione normale di un individuo. Quando t'innamori, pensi che quella donna sia meravigliosa, differente, perfetta, però, tempo sei mesi, cambia tutto.
Nel Corano, il libro sacro che osserva la sua religione, non si valuta la donna con tanta sensibilità...
L'uomo e la donna non sono differenti. Si offende la donna in un modo vergognoso, perchè appare sempre come depredatrice o come vittima. Non è giusto che si pensi solo al suo sedere e ai suoi seni.
Per la sua dottrina, più che un simbolo romantico, la Luna è la colpevole di molta violenza e guerre.
Sì. La Luna è come l'aspetto freddo dell'esistenza, di fronte al Sole, che è caldo. Spinge al male, in modo che, se un'uomo ha delle tendenze assassine, una notte di luna piena può spingerlo ad uccidere.
Ma l'11 settembre del 2001 fu quarto calante...
In questo caso, fu la condizione umana la colpevole; non la Luna.
Di quali uomini?
La responsabilità non l'ha una sola parte. L'America mantiene una politica molto ambigua con il Medio Oriente per gli interessi del petrolio, la vendita di armi... E' qualcosa di tipico dell'uomo, che è cattivo.
E chi è il colpevole dell'Intifada?
Sharon è un'antisemita, perchè la sua violenza danneggia il suo stesso popolo ebreo. Se i palestinesi hanno rotto la pace deve perdonare; non ucciderli. Le armi non sono mai la soluzione.
Cantò in Irak durante la Guerra del Golfo in appoggio di Sadam Hussein. Si esibirebbe adesso per Arafat?
Sì, con piacere.
E per Bin Laden?
I talebani sono come l'Inquisizione.
Che predizioni lunari vede in questo mondo così lunatico?
Delle cose buone. Sono molto ottimista.
Dice il sufismo che l'uomo attraversa diverse fasi: fachiro, yoga, monaco, fino ad arrivare all'uomo astuto. In quale si trova?
In quella dell'essere aperto, io sono aperto. E' un nuovo stadio.
È stato già fachiro?
Fachiro mai, ma yoga sì.
C'è chi rimarrà con la voglia di domandarle se sia matto...
Non m'importa che la gente lo creda.
Milo e sufismo
Sono sette anni che Franco Battiato ha spostato la sua dimora stabile da Milano a Giarre, un paesino alle falde dell'Etna, a un'ora (scarsa) di macchina da Catania, 700 metri d'altezza e poche centinaia di abitanti. .. Dedica tutto il poco tempo che gli rimane alla sistemazione della sua casa: un autentico paradiso terrestre che occupa per intero il cucuzzolo di una collinetta, davanti Taormina e l'immenso mare di Sicilia, alle spalle la sagoma imponente, e anche un pochino conturbante, del grande vulcano.
Questo "work in progress" - come lo definisce lui, ridendo della sua incapacità di trovare un termine italiano in grado di rendere efficacemente l'idea del suo lavoro - lo distende e lo rilassa in maniera totale.
"È bellissimo", dice, "poter trasformare piano piano una vecchia stalla in una cappella, o ricavare un teatrino di prova da uno scantinato adibito a deposito di botti, o ricavare sul fronte della casa una veranda dove sistemare il mio studio di pittura. Tutto questo mi dà l'idea di un impegno metodico, continuo, sempre uguale eppur sempre diverso". Proprio come i ritmi che, da sette anni esatti, con ogni tempo e in ogni stagione, cadenzano le sue giornate: la sveglia alle 5 del mattino, poi la contemplazione del paesaggio (quasi a voler riempire il cuore e i polmoni di tutta quanta l'aria di Sicilia), poi l'ascolto, per una mezz'oretta buona, di musica classica. Seguono lo yoga e la meditazione; poi, alle 7 e 30 precise, la colazione, quindi il lavoro fino all'una. Dopo pranzo, immancabile, il riposino pomeridiano, e poi ancora il lavoro dalle 3 alle 8 di sera. E solo a questo punto Battiato si concede una cena frugale, il rito del Telegiornale, la visione di un film in cassetta.
Signor Battiato, quanto è cambiata la sua vita dal giorno in cui ha deciso di trasferirsi qui?
Quanto non so, come pure non so se questa scelta sia da considerarsi irreversibile. Quello che invece so per certo è che ho abbandonato Milano non per idiosincrasia della metropoli: ma perché, a un certo punto della mia vita, ho sentito impellente la necessità del silenzio, la voglia di avere spazi più ampi a mia totale disposizione. Non ho difficoltà ad ammettere che Milano ogni tanto mi manca: i suoi teatri, i suoi cinema, qualche concerto, l'appuntamento pomeridiano al bar per un cappuccino. Ma qui non ho distrazioni di sorta, una passeggiata nel mio giardino per respirare il profumo dei gelsomini mi tonifica completamente, la vista del mare mi dà sensazioni di quiete difficili da descrivere con le parole. Sono felice, insomma.
Da quando è qui, lei ha deciso di affiancare all'attività di musicista anche quella di pittore: pittore di icone, soprattutto. Come è nata questa passione?
Più che una passione, direi che quella della pittura è stata una necessità. La necessità di porre rimedio a un difetto troppo grande: la mia totale incapacità di fare qualsiasi cosa con le matite e i pennelli, il mio blocco di fronte alla trasformazione di una cosa vista in una cosa trasposta su tela. Quella della pittura è stata una sorta di sfida con me stesso. E ora - che i miei dipinti piacciano oppure no - credo di poter affermare di averla vinta, questa sfida. Ora so che cos'è la prospettiva, ora ho capito che la pittura e la musica occupano dimensioni totalmente diverse, anche se complementari, nella mia mente e nel mio cuore.
Altra singolare coincidenza: sono molti anni che lei pratica il sufismo, ma solo da quando è qui ha deciso di rendere pubblica ed evidente la sua fede religiosa. Come mai?
È molto semplice. Pur senza voler convincere nessuno - l'indottrinamento non fa certo parte del mio bagaglio filosofico e culturale - trovo che non sia male lanciare segnali evidenti di un certo genere di testimonianza. È un modo di dire a chi ti segue e a chi ti apprezza: 'Stai all'erta, qualcosa in te può cambiare'. Così come è cambiato in me.
Mi tolga una curiosità, e mi perdoni la banalità della domanda: che cosa l'ha spinta a "scegliere" il sufismo in luogo - che so - del buddismo o della teosofia?
Direi che l'ho abbracciato per una questione di vicinanza, per quella sorta di illuminazione che ti pervade quando ti accorgi di aver trovato proprio quello che andavi cercando. In altre parole, io sono legato al sufismo perché ho scoperto che il mio mondo interiore è assolutamente uguale a quello dei mistici sufi, in particolare per quel che riguarda la concezione della sofferenza.
La sofferenza?
Sì, proprio la sofferenza. Da non intendersi nell'accezione 'normale' del termine, come quel 'qualcosa' che in genere pervade i rapporti di coppia e provoca le liti e le rotture coniugali: ma, semmai, nel suo senso più universale e trascendente, vicino a quello stato che generalmente viene classificato come 'angoscia'. Bene, questo sgomento, quando sopravviene, implica una totale inabilità nei confronti delle faccende della vita, impedisce ogni comprensione di quel che sta succedendo. E, quando viene portato alle conseguenze estreme, assomiglia a una tempesta cosmica [gommlacc.asp#Shakleton] che si abbatte su un individuo inerme: totalmente incapace di sopportare anche una briciola minuscola del suo furore. Proprio questo tipo di sofferenza, che più volte ho sperimentato sulla mia pelle, è stato il tramite che mi ha avvicinato al sufismo.
È a questo tipo di sofferenza che si è ispirato per scrivere "Il Re del Mondo", la canzone che prende a prestito il titolo di un famoso saggio di René Guénon?
Direi di no: perché 'Il Re del Mondo', pur descrivendo una situazione assolutamente opprimente, è, tutto sommato, una canzone abbastanza serena. Direi anzi che l'unico riferimento a una sofferenza come quella che ho tentato di descrivere in precedenza si trova in una canzone del mio ultimo album, "Lode all'Inviolato". Nel passo dove canto: 'Ne abbiamo attraversate di tempeste, e quante prove antiche e dure...'.
Sempre da questo punto di vista, una canzone prettamente politica come "Povera patria" sembra quasi anomala, nella sua produzione.
Infatti è proprio così. A pensarci adesso, avrei preferito non farla: perché la 'politica' non è proprio il mio mestiere. Ma ci sono stato costretto per l'indignazione che provavo - e che tuttora provo - di fronte alla volgarità dei politici. Una volgarità che mi fa realmente orrore, e che si manifesta nella totale insensibilità per le esigenze degli altri.
Che cosa la spinge, dunque, a scrivere musica? Musica così diversa, fra l'altro?
È molto difficile rispondere a questa domanda. Perché si tratta di una sorta di 'necessità arcaica': di un qualcosa che preesiste a me, e che utilizza qualsiasi tipo di linguaggio, dal canto gregoriano fino al techno-pop, per comunicare a chi ascolta i miei sentimenti. Però, aldilà delle differenze formali, ciò che trovo invariabilmente presente in tutti i miei lavori, da quelli 'avanguardistici' degli anni Settanta fino alla mia recentissima 'Messa arcaica', è una ricerca costante della bellezza, dell'armonia, della fluidità delle soluzioni che si muovono all'interno di ogni linguaggio prescelto. Perché sono assolutamente sicuro che per comunicare certi sentimenti, certe emozioni, certe opzioni del cuore, è necessario seguire strade ben definite.
Strade come quelle della "Messa arcaica", per esempio?
Sì. E quest'esperienza, fra l'altro, è stata per me estremamente significativa anche per altri motivi. Perché, per esempio, mi ha insegnato quanto sia strano questo nostro mondo musicale: dove capita di essere al centro di un tifo da mega-concerto rock anche quando si suona in una chiesa, anche quando si esegue un'opera che si muove lungo un tenuissimo filo orizzontale. Tutto questo è molto gratificante, intendiamoci: ma è certo che non mi sarei mai aspettato di vedere il Duomo di Orvieto trasformarsi in una sorta di Palasport, al termine dell'esecuzione.
Davanti all'apocalisse
.. Dentro la sua casa, nel cuore storico di Catania, sotto i soffitti affrescati con alberi e laghi, sopra i tappeti che attutiscono i passi e i tanti libri di mistici e poeti, la musica - ci mancherebbe - e le sue icone alle pareti bianche, fra le colonne di marmo, dietro le tende chiare che fanno passare solo la luce, e nient'altro, Franco Battiato .. non si perde. Si preserva dalla contaminazione. Non esce praticamente mai, quando sta in città. D'inverno qui legge, studia, riceve pochissimi amici, ascolta musica, compone, medita. Misura i pensieri e le emozioni, armonizza il suo io col resto, trova gli accordi col tempo. Mentre Clemente, cioè il gatto, fa sul divano i sogni più beati e metafisici mai conosciuti da anima felina. ..
In quale religione o sistema filosofico si identifica Franco Battiato?
In nessuna, la mia mente non accetta codificazioni, non resiste alle categorie. Accolgo per sintonia le illuminazioni che mi giungono dalle diverse parti, da Budda a Maometto, e trovo la coerenza in me, giorno per giorno. È un cammino continuo, dove niente è assodato, statico. Quando qualcosa, un pensiero o un'intuizione mi fa vibrare, la raccolgo e la trattengo. La custodisco. Non è facile tenere in ordine e pulita la mente, senza scorie. A volte nella frizione col mondo, con la gente, i pensieri si intaccano, si intorbidano. Uno ti sfiora con l'auto e affiora un pensiero di terra, greve. Per questo amo stare a casa, da solo. È un'ascesi domestica, ma è un distacco pieno di coscienza. In cosa credo, mi dicevi? Nelle forze del bene e del male, nel bisogno dell'anima di sollevarsi oltre le ombre, credo nella reincarnazione, nella conoscenza. ..
È questo che ti rende felice, nonostante i rumori del fuori, della guerra?
La felicità è una zona che ho sfiorato qualche volta. A volte entri in risonanza con l'universo naturale, e senti per miracolo che l'aldilà, l'infinito, è proprio a un passo da te. Ma non è così frequente. Più spesso mi sento rilassato. Non ho detto sereno, quello è diverso, presuppone sempre una relazione tra il fuori e il dentro. La serenità è il traguardo dopo un conflitto, una tensione. E io non amo il conflitto e soprattutto non amo il confronto rissoso e giudicante con la gente, con l'esterno invadente e distruttivo. Quando dico esterno dico televisione, ad esempio, cioè l'universo principe della volgarità e dell'idiozia, e dico corruzione, mancanza di legalità, di senso civico. Invece il rilassamento lo raggiungi e lo conservi da solo. È un privilegio ma è anche disciplina interiore, sobrietà di pensieri e di gesti. Rilassamento è pace, immobilità del sentimento, consapevolezza massima, fermezza. Non sarà un caso che quando penso a un passaggio della mia reincarnazione penso a un albero, immobile e giusto, solido. Scherzo. Mi piacerebbe semmai reincarnarmi in un uomo più saggio e più giusto, più evoluto.
Ti senti solo in questa condizione?
Non mi sento solo come persona, ho tanti amici che la pensano come me, anche dentro quest'ufficialità coatta che ci assedia. È diversa, invece, l'aura del momento. Negli anni Settanta si respirava nell'aria e nelle case una vera atmosfera di liberazione dell'anima, un sentimento di spiritualità vago e diffuso. Oggi è finito il tempo dello spirito. Siamo nel buio, fluttuanti, è una penombra carica di fumo e di frastuono. Vogliamo possedere e consumare, gridare senza ascoltare. Abbiamo perduto il senso sacro della vita.
Sei nemico della globalizzazione?
Per niente, e non solo perché è un processo naturale e fisiologico del mercato e della cultura, del tutto inevitabile. La globalizzazione e la comunicazione tecnologica sono anche scambio, circolazione libera di idee e di parole, di progetti, di costumi, il tutto al di là dei confini geografici o politici. E per me che rifuggo la categoria asfittica di patria tutto questo è un valore, oggi più che mai. La comunicazione globale è anche un antidoto all'imperialismo assolutistico di un paese sugli altri. Il problema semmai è la disparità tecnologica fra i paesi sul fronte dell'accesso e dell'uso degli strumenti di comunicazione.
Tu usi Internet?
No, ma non perché sia contrario. Semplicemente mi pare un mezzo infallibile per sperperare tempo. Però uso ampiamente la tecnologia nella realizzazione dei miei dischi. Lo facevo già vent'anni fa, quando mixavo in modo sperimentale la voce della radio coi suoni della mia voce. La tecnologia è anche lo spirito del tempo, non puoi metterla a tacere.
C'è un passaggio nella tua produzione artistica che in qualche modo segna il transito nel mito orientale?
Nel '75 studiavo a Milano nell'Istituto Studi per il Medio e Estremo Oriente, imparavo le lingue ed ero propenso a immaginare il mio futuro nell'ambito della ricerca scientifica. Poi nel '78, dopo tre anni di studio, ho composto L'era del cinghiale bianco, che segnò il passaggio. Avevo scelto di fare il cantautore e musicista.
Come avvenne quest'innamoramento per la mistica Sufi?
Per caso, per istinto, per vocazione. Tutto insieme, trent'anni fa. È un modo per essere siciliani, eclettici, spiriti misti e inappagati, smaniosi o stanchi a seconda del tempo e della luce, del sole che spadroneggia troppo, delle stagioni che slittano o si dilatano oltre misura. Un modo per essere millenari senza scostarsi un filo dal presente, un modo per vivere un po' di lato, spostati. "Vivo come un cammello in una grondaia / in questa illustre e onorata società! / E ancora, sto aspettando, un'ottima occasione / per acquistare un paio d'ali e abbandonare il pianeta. / E cosa devono vedere ancora gli occhi e sopportare? / I demoni feroci della guerra, che fingono di pregare! / Eppure, lo so bene che dietro a ogni violenza esiste il male./ se fossi un po' più furbo, non mi lascerei tentare. / Come piombo pesa il cielo questa notte. / Quante pene e inutili dolori".
"Voglio tornare alle canzoni da balera"
È un divano color crema la sola concessione alla comodità, nello studio milanese di Franco Battiato. .. Il resto è nudità monacale: pareti spoglie, un pianoforte a rammentare il musicista, un tavolo a ricordare lo studioso, un caminetto quiescente. E il liberty delle finestre, ad evocare un gusto antico per la bellezza. .. «Dei tanti soldi che ho guadagnato - ammette Franco -, molti li ho spesi per la spiritualità, mai per il lusso. Le vacanze preferisco passarle nei monasteri ortodossi, dove i monaci ti danno da mangiare teste di pesce, e il resto è loro».
Viene da credergli, guardando questa casa disadorna, infrattata in una via silenziosa. E pensando all'altra che ho visto anni fa tuffata nel verde di Milo, alle pendici dell'Etna. Sobria ed autosufficiente come quella d'un principe anacoreta: con la sala per musica, la cappella con l'altare e l'organo, i quadri che lo stesso Battiato dipinge, un occhio al Beato Angelico e l'altro all'iconografia bizantina, e rifiuta di vendere. È in quel medesimo scorcio del Catanese, a Jonia, che Franco è nato nel '45: «Era finita la guerra - racconta -,dopo il mare di morti tornava la voglia di vivere. Se i soldi non c'erano, li surrogava la speranza. E la fiducia: nel mio paese, cinquemila anime, le porte delle case erano sempre aperte, chiavi non se ne usavano».
Un'infanzia felice?
Felicemente tribale. Poche regole ferree, e se le infrangevi qualche ceffone era normale. Era un gioco delle parti, tu trasgredivi e gli adulti ristabilivano la legalità. C'era qualcosa di sano nel nostro essere ragazzi di strada, nell'andare in chiesa ma solo per giocare a pallone: fosse del parroco o dei genitori, l'autorità non ci frustrava. Incontravi uno sconosciuto, ti mandava a comprargli le sigarette e tu andavi: era un servizio cui gli adulti avevano diritto.
Ragazzi tutti casa e parrocchia?
Macché, c'erano i boschi, c'era il mare.Una natura tuttora intatta: prepotente, stravinskiana. I bagni duravano da giugno a ottobre, poi arrivavano inverni fioriti. Il mare non era ancora moda di massa, e nessuno trovava sconveniente se le donne, in spiaggia, mostravano un po' più d'epidermide.
Le donne? Parliamone.
Sono cresciuto tra loro. Mio padre, autotrasportatore, era sempre in viaggio, io vivevo con mia madre, con una zia sarta e con le sue quindici allieve: adolescenti, allegre, vitali. Da loro ho assorbito il senso della tribù.
Matriarcato?
Piuttosto solidarietà, gioiosa condivisione dell'esistenza. Nessun maschilismo: è oggi, semmai, che la donna viene continuamente offesa. Non c'è film americano in cui l'amore sia vissuto in modo paritetico, la donna viene presa di spalle, magari in ascensore, l'erotismo ha spesso un sapore di stupro. Per non parlare dell'esibizione di tette e culi.
Poi venne la musica.
Prestissimo: a tre anni volevo a tutti i costi un pianoforte giocattolo, a cinque, in un tema, mi impegnai a diventare musicista, a sette le compagne di classe, l'indomani di Sanremo, mi facevano cantare le canzoni del festival, e io le sapevo tutte.
Più avanti, la fuga dall'Eden.
Mio padre era morto, avevo diciott'anni, un diploma di liceo, un'iscrizione alla facoltà di lingue e tre esami sostenuti: latino, storia dell'arte e francese. Si passeggiava nella piazza della chiesa, con gli amici, continuando a ripetere: qui non c'è niente, bisogna andarsene. Così feci la valigia e partii per Milano. Erano gli anni del boom, circolava una frenesia di divertimento, ma non fu affatto questo ad attrarmi al nord: è che sentivo il bisogno di prendere in mano la mia vita.
Una ribellione?
Brutta parola: preferisco la fermezza, ho in gran sospetto i maudit. I tuoi problemi esistenziali non puoi scaricarli sulla società, ma devi risolverli fra te e te.
E siamo a Milano. Primo problema, la sopravvivenza.
Feci il chitarrista di Ombretta Colli, ricordo che cantava in minigonna e rintuzzava a microfonate i bollori dei fan. Poi fui fattorino, magazziniere, musicista da balera, attore shakespeariano, cantante di brani sanremesi per dischi di cartoncino, che uscivano con la Settimana enigmistica. In un cabaret proponevo canzoni in siciliano spacciandole per brani del Cinquecento: ma le avevo scritte io, il giorno prima.
Secondo obiettivo: crearsi una cultura. Da autodidatta vorace.
Proprio così, sono un onnivoro. Scoprii per primi i mistici indiani: Aurobindo, Yogananda, e ne nacque, nel '73, Sulle corde di Aries, un viaggio iniziatico in forma di disco. Poi ci fu l'esoterismo: Guénon, gran divulgatore, una sorta di Elémire Zolla, ma soprattutto, fondamentale, Gurdjieff. Studiare le opere del pensatore russo m'ha insegnato la disciplina: da disordinato che ero imparai il metodo, l'autoregolamentazione. Cominciai a dare alla mia vita delle priorità: da allora mi divertono le cose che mi nutrono, non quelle che mi distraggono. Dice Gurdjieff: "Il tempo è prezioso, non sprecarlo per cose che non siano in rapporto con la tua meta".
Poi arrivarono il sufismo, il buddismo. E la cultura cristiana?
Visitando monasteri di clausura, vi ho trovato tante persone che col cattolicesimo di facciata c'entrano poco.
Ci fu anche un concerto in Vaticano.
Molto più avanti, nell'89. Accettai dopo essermi assicurato di non dover baciare l'anello papale. Poi, davanti a Wojtyla, sbagliai le parole di E ti vengo a cercare: si disse che la presenza del papa mi aveva mandato nel pallone, invece no. L'autorità istituzionale non mi ha mai fatto effetto. L'emozione nacque da quei diecimila giovani, che raccoglievano le mie parole per restituirmele con un significato molto più forte.
A proposito di autorità: a 25 anni, Battiato va militare.
Fu a Cassino, dopo una serie di rinvii. Mi diedero una divisa le cui maniche mi arrivavano alle dita, sicché la libera uscita mi era preclusa, ero impresentabile. Finivo sempre in cella perché rifiutavo di marciare, non salutavo i superiori, non sapevo a che reggimento appartenessi né chi fosse il mio capitano. Imparai a fingermi svenuto, praticando l'ossigenazione da accovacciato, e ne ricavai molte licenze.
Seguì un'esperienza non meno pesante, il Disco per l'estate.
Fu uno dei peggiori disagi della mia vita: la gara, i punteggi. "Dev'essere proprio questo, il mio mestiere?", mi chiedevo, e mi prendeva uno straniamento totale. Poi m'invitarono ad una trasmissione scientifica, si parlava di biologia e ne fui affascinato. Decisi che la musica doveva occuparsi di altri mondi, e mi dedicai all'elettronica.
Ci fu una parentesi d'avanguardia, non proprio felice.
Mi ritrovai in un mondo insipiente, velleitario, con gente che suonava uno spartito senza accorgersi che era capovolto. Nel '73, ad un maxiconcerto organizzato da Ravera, cinquemila spettatori fecero scappare i Tempest per ascoltare me. Poi però mi fischiarono: per cinque minuti continuai a ripetere la stessa nota.
E tuttavia ci fu una collaborazione feconda, quella con Karlheinz Stockhausen.
Lui è diverso, non è un trombone. Ha scritto cose così folli, è un compositore così estremo che non può non comunicarti qualcosa. Gli devo d'avermi persuaso a studiare musica: composizione, armonia. Passò una serata a dirmi: "Dopo i quarant'anni, non potrai continuare a fare il cantante pop".
Finalmente, all'alba degli anni Ottanta, arrivò il milione di copie di La voce del padrone, il successo, i grandi guadagni. Cosa significano i soldi, per un mistico che fa la popstar?
Ne ho incassati tanti, e tanti ne ho spesi. L'accumulo non mi interessa, tutto è passeggero. Se mi andasse male, per vivere mi basterebbe vendere le mie case. E se un terremoto le sbriciolasse, m'arrangerei lo stesso.
Del resto, buona parte di quei soldi è andata per gli altri: i dischi dei giovani talenti, i libri esoterici dell'Ottava, casa editrice fondata da te.
L'Ottava ora è un po' in calo, musicalmente parlando dirò che è un'ottava diminuita, aspetto la nona eccedente. Battute a parte, amo investire sugli altri: sarei stato un buon arrangiatore.
Dunque, le collaborazioni. Dopo Stockhausen, Giusto Pio, Alice, Milva, Giuni Russo, oggi è il turno di Manlio Sgalambro, professione filosofo.
Ci siamo conosciuti nel '93, alla presentazione d'un libro di versi. Scoprii che quel filosofo aveva un senso acuto dell'ironia, e venne naturale lavorare insieme. Ci diamo del lei e ci vediamo di rado: lui mi manda i suoi testi per fax e io li musico, oppure gli mando quelli che ho abbozzato e lui li completa. Siamo due tipi tosti, ma non per questo ottusi.
Ora parliamo d'un tema prematuro: la morte.
Perché prematuro? Più la si esorcizza, più la nostra società ne è permeata. La si tiene lontana, non si muore più in casa, si vive fingendo di essere eterni. Invece bisognerebbe tornare a considerarla un esercizio quotidiano. Quanto a me, spero di saperla affrontare da uomo, e non da verme.
E la spiritualità?
Ti trovi in campagna sul finire del giorno e, anche se non sei credente, accade di sentirti vicino al sovrasensibile, scopri che l'esistente ha in sé i tratti di quella che chiamiamo religione. Io ci arrivo con la meditazione: perciò la mia musica ha spesso un andamento orizzontale, com'è appunto la meditazione.
E l'amore?
A differenza dei più ne parlo poco, nelle mie canzoni. Trovo che l'innamoramento abbia un che di sbagliato, spesso diventi sudditanza, gelosia, bisogno di sofferenza. Insomma una malattia, per quanto meravigliosa.
E la politica? Nel nuovo disco di Battiato, Ferro battuto, la copertina mostra un manifesto del socialismo reale. Nostalgia?
Ironia, semmai. Nel '75, in un museo, guardavo un quadro e sentii un signore dire alla moglie: "Stupendo, non trovi?". Il dipinto s'intitolava Cile rosso, ed era una crosta immonda. Ma a volte, in un'opera, ci sono aspetti additivi che aiutano a coglierne l'interezza, al di là dell'estetica. Quanto a me, i manifesti di certi regimi li trovo così assurdi che mi divertono.
Nessun riferimento all'Italia, in quella copertina?
Figuriamoci: non penso che, qui da noi, la situazione sia molto diversa da cinquant'anni fa. Al massimo sono cambiate le sonorità.
Infine, Battiato e il futuro. Progetti?
Riproporre, con arrangiamenti di oggi, brani che suonavo durante la mia gavetta in balera. .. Rifare canzoni altrui mi diverte: sono uno degli ultimi pachidermi capaci di far musica senza mettersi in mezzo. Tempo fa un regista mi chiese una colonna sonora, io gli risposi: "Guarda che, per il tuo film, la musica c'è già: è il silenzio".
Gommalacca
.. Non ti fermi davvero mai, Franco!
Ci mancherebbe, questo sì che mi dispiacerebbe davvero molto. Nel moto, nel movimento, nella ricerca continua di nuovi orizzonti, spostando limiti e confini credo sia racchiuso il segreto di una vita degna di questo nome.
E se non sbaglio questo è anche il pensiero forte che anima il tuo recente «Gommalacca».
Esattamente. Ma c'è di più: nel disco ho voluto imprimere il senso della disgregazione sintattica e sonora, usando le tecnologie più avanzate per tentare di creare dimensioni percettive assolutamente nuove.
Sembra davvero una visione musicale da fine millennio: apocalittica, forse?
Nel senso della rivelazione o di fine del mondo?
No, lasciamo perdere l'aspetto profetico, parliamo meglio di cicli temporali.
Sì, sono d'accordo. Come sai in altri momenti esistenziali e musicali ho lasciato libero sfogo alla frantumazione.
È una nuova fase «catabolica»?
Per certi aspetti sì, ma non più di significato interiore, quanto di innovazione nel concepire i suoni. Forse sarà un segno dei tempi, però è certo che l'apocalisse della mia musica sta da un lato nella creazione di una sonorità che nega se stessa, dall'altra nella stretta aderenza ai tempi. Per esempio la mia "Messa arcaica" è un lavoro per così dire atemporale: se dovessi scrivere oggi una nuova opera non la sgancerei dal presente.
Come accolgono i giovani «le urla di furore di generazioni senza più passato, di neo primitivi» e altre frasi forti di «Shock in my town»?
Con entusiasmo, direi proprio. Chi è giovane, a qualsiasi età è pronto al rinnovamento, all'autocritica e non si preoccupa dei pregiudizi. Ho detto recentemente in pubblico come secondo me la gioventù sia un luogo psichico a prescindere dal fatto anagrafico. "Shock in my town" usa espedienti sonori "barbari" per tematiche già affrontate in passato. Il pericolo dell'imbarbarimento gabellato per evoluzione.
A proposito di «Ballo del potere», a quale potere si riferisce?
Ovviamente a nulla che abbia a che fare con la sopraffazione e il predominio. Il potere così concepito mi fa semplicemente orrore. Dobbiamo sempre guardarcene dall'esercitarlo o subirlo, perfino quando andiamo a prendere un caffè al bar. Nella canzone si allude naturalmente all'uso e al controllo di quello che Castaneda chiamava potere personale.
.. Un'ultima domanda, c'è chi dice che in questi ultimi testi si può ravvisare una specie di «disamoramento» nei confronti di un ideale oggetto di «cura». È davvero meglio il sesso senza sentimento?
Perché dare alle parole di una canzone tanto valore? Per questo, forse, preferisco prevalentemente comporre musica. Meno intellettualistica interpretazione, più immediata intuizione.
FRANCO BATTIATO ALL'ESTERO
.. Come vede la musica italiana?
Non potrei dare una risposta precisa su questo, ma non mi piace essere catastrofista. Vada come vada, sta andando avanti. Anche le cose frivole, brutte, si fanno con un certo gusto e sonorità. Sono totalmente a favore della musica nuova.
E i classici come lei, Mina o Celentano continuano a trionfare.
Non nego che può essere irritante, ma non si è prodotto un ricambio generazionale. Nei Sessanta e i Settanta si è stati creativi, ma da 20 anni il cuore della gente rmane con i cantanti vecchi.
Sente che costoro hanno avuto qualche genere d'influenza?
Nel mio caso è così perchè sono sempre stato un musicista che incorporava il senso della vita; altri hanno solo fatto canzoni. La gente che mi segue a volte rimane delusa se mi allontano dal misticismo, ma è che ho bisogno di fare una canzone d'amore ogni tanto. Parlo per tentare di non ripetermi. quello che è detto rimane, e poi proviamo ad andare avanti.
Ma nei suoi ultimi dischi ha fatto delle cover.
È che mi piace di più cantare, rispetto a un tempo. Ma continuo a considerarmi un proletario dello spirito, un artista a cui piace avere compagni di viaggio che hanno bisogno d'affetto, amore, protezione.
["Ferro Battuto":] perchè questo titolo?
.. Ha assonanza con il mio nome.
Per quanto riguarda la grafica della copertina, ha connotazioni politiche?
Non è stata una mia idea, ma del grafico. Non c'è un'ideologia di sfondo, è solo per scherzare.
Cosa vuoi comunicare con la tua canzone ["Running against the grain"]?
È come un manifesto della mia vita. Quando ero militare, mi risultava impossibile marciare con gli altri. Non ho uno spirito patriottico o militare, e per questo dico che la mia vita è andata sempre in diagonale, attraversando molte cose.
In questo disco usi diverse lingue, perchè?
È una tradizione. Oggi non si canta tanto per la necessità di comunicazione, ma quanto per scoprire un suono onomatopeico.
Intervista a Giusto Pio
.. Erano i primi anni ottanta, quando .. nelle classifiche italiane spopolavano i dischi di Franco Battiato, e quelli prodotti e scritti da lui per Alice e Giuni Russo. Il nome di Battiato, a quei tempi, era sempre accompagnato da quello di un "certo" Giusto Pio, violinista bravissimo che non solo suonava in tutti questi dischi e nei tour di Battiato, ma firmava anche la musica di tutte queste straordinarie canzoni di successo. Avevo comprato anche due suoi dischi (entrati anch'essi nelle hit-parade), "Legione straniera" e "Restoration", oltre ad un particolarissimo 45 giri firmato Pio, ma cantato da Battiato e dal titolo "Auto-motion". .. Poi pian piano, negli anni seguenti, finito il sodalizio con Battiato, di Giusto Pio purtroppo non si seppe quasi più nulla, .. essendosi dedicato a scrivere musica non più molto "leggera" (a parte l'album "Note"), .. fino a quando il suo nome ricomparve in occasione della rappresentazione della "Missa populi" durante un'Estate catanese. ..
Leggo nella biografia del sito di Battiato: "Violinista classico di livello nazionale, ha vissuto una quarantennale carriera professionale che lo ha portato a vivere le più disparate esperienze musicali. Diplomatosi a Venezia con L. Ferro, ultimo violinista della grande "scuola veneziana", ha studiato composizione alla scuola di Malipiero". E ancora: "vincitore del concorso internazionale di Ginevra, di Santa Cecilia etc.."
Sì, o meglio, a Ginevra secondo premio. Primo premio non assegnato.
Ha suonato un repertorio cameristico, solistico, sinfonico ed operistico che spazia dal Medioevo alla musica contemporanea attraverso il Barocco con una discografia che vanta decine di titoli". Non si trovano più questi dischi?
Credo che ormai siano tutti fuori catalogo.
Suonando poi diversi strumenti oltre al violino.
Sì, perché facevo parte del complesso "Symposium Musicum di Milano" con il quale svolsi un'intensa attività concertistica. In questo complesso suonavo la viella, la ribeca e la lira da braccio. Si eseguiva musica medievale e rinascimentale e va detto che a quei tempi eravamo solo noi ad eseguire musica di questo tipo.
E avete fatto delle incisioni con questo complesso?
No, non abbiamo mai inciso dischi di questo genere.
(Peccato!) In una delle sue biografie che ho letto su un libro, si dice che lei è stato anche "Concertino dei primi violini dell'orchestra della RAI" e violino nell'orchestra della Scala.
Ho suonato anche alla Scala, ma non ero titolare. Ero titolare presso l'orchestra sinfonica della Rai di Milano. Del resto non si poteva stare in due posti contemporaneamente!
E dunque, mi dica: ma chi gliel'ha fatto fare, nel 1978, di abbandonare questa luminosa carriera per fare "Juke Box" con Battiato?
È stato molto facile e molto naturale. Io allora facevo solo un certo tipo di musica; con Battiato ho avuto la possibilità di allargare la mia conoscenza. Pensi che a casa mia la musica leggera non la volevo proprio sentire. I miei figli ascoltavano le canzoni, ma quando c'ero io, smettevano. Un giorno il mio amico Antonio Ballista mi chiese se potevo impartire lezioni di violino ad un musicista "molto promettente" di nome Battiato. Gli impegni di lavoro a quei tempi erano molto numerosi e il tempo libero a disposizione molto poco. Fu mia figlia a convincermi ad accettare, perché lei conosceva la sua musica. Erano i tempi di "Sulle corde di Aries" che, pur non essendo un disco di musica leggera, veniva trasmesso nei canali della musica leggera lo stesso. Credo che questo disco, allora, abbia venduto circa 20.000 copie. E così Battiato cominciò a venire a prendere lezioni di violino a casa mia, a Milano. Dopo un po' di tempo abbiamo scoperto che avevamo modi di "pensare la musica" abbastanza simili. Forse è questo il motivo che ci ha consentito di iniziare una collaborazione, proprio con "Juke box". In quel disco io avevo organizzato l'orchestra, mentre la direzione era affidata a Roberto Cacciapaglia. Io, inoltre, ho suonato il violino in due brani.
Prima di dedicarvi alla musica leggera, Battiato continuò il suo grande lavoro di ricerca musicale, vincendo anche il premio Stockhausen con "L'Egitto prima delle sabbie", e lei incise il bellissimo "Motore immobile"...
Battiato mi portò a casa due tastiere, e così cominciai a scrivere "Motore immobile" che poi incisi con Michele Fedrigotti. .. A quei tempi Battiato andava in giro a fare improvvisazioni insieme a Juri Camisasca e mi proposero di unirmi a loro. .. Franco al pianoforte, io al violino e Juri cantava. Tutte improvvisazioni...
...che immagino non siano mai state incise...
Infatti... in seguito, solo con Battiato, andammo anche a Palermo, al Punto Rosso, che allora era uno di quei locali cosiddetti alternativi: non c'erano neanche le sedie e il pubblico era seduto per terra. Al mattino capitava che alla radio trasmettessero qualcosa di queste nostre improvvisazioni. In fondo sono rimasto affezionato a questo periodo e a questa musica, così spontanea e genuina, con la quale riuscivamo ad ottenere sonorità molto interessanti e all'avanguardia.
Battiato, dunque, smise presto di suonare il violino. Non è stato un bravo allievo?
Ha fatto miracoli, invece! Non è facile cominciare a suonare uno strumento come il violino se non si comincia da piccoli. In alcuni concerti, comunque, suonava anche lui il violino, improvvisando con me.
Dopo vi siete dedicati alla musica leggera...
Il primo brano che abbiamo realizzato, praticamente in casa, si chiamava "Adieu", con un testo in francese, che pubblicò la WEA. Nel disco Battiato cantava e io suonavo il violino, ma siccome Battiato non voleva comparire, si firmò con lo pseudonimo Kui e il nome del cantante che comparve sul 45 giri fu "Astra". La cosa curiosa fu che quando si dovette promuovere il disco, tenuto conto che nel frattempo io ero occupato con l'orchestra sinfonica della Rai, in TV andava... mio figlio Stefano, che fingeva di cantare e suonare il violino. .. Parecchi anni dopo questo brano è diventato "Una storia inventata" per Milva. Quando poi Battiato decise che per promuovere la propria produzione bisognava sostenerla in prima persona, siamo partiti con "L'Era del Cinghiale Bianco". ..
Lei però, nel frattempo, come si diceva, aveva pubblicato il suo primo disco: Motore immobile.
Un altro genere. Recentemente è stato ripubblicato su CD, mentre il disco in vinile attualmente è quotato più di un milione di lire. Non per altro, ma perché è un disco raro, e perché ne sono state vendute pochissime copie...
Motore immobile è un'idea per esprimere la fissità musicale di tutto il pezzo o anche l'idea di Dio che ha in mente Giusto Pio?
Possiamo immaginare una grande ruota che gira. In mezzo a questa ruota c'è un punto, in centro, un punto che non ha dimensioni. Pertanto tutto gira, ma il punto resta immobile. Immaginare cos'è Dio? Il mio cervellino sicuramente non può. Secondo me è una grave presunzione anche solo paragonare Dio a quello che noi possiamo immaginare.
.. Dunque, il Credo della sua più recente "Missa Populi" è il suo credo?
Sì, e l'ho fatto dire non da una persona, ma da una moltitudine che lo urla a tutti. L'ho fatto con questo spirito.
Ha mai parlato di questi argomenti con Battiato?
No.
Mi sembra che lui sia su altre frequenze d'onda.
Sicuramente, comunque non saprei spiegarle la "spiritualità di Battiato": a mala pena so spiegarle la mia!
Leggo però su un libro (M.Micale, Centro di gravità permanente, Ed. Bastoni 1994): ".. È grazie a Pio che Battiato ha raffinato nella sua vocazione artistica e spirituale le istanze classiche, giungendo così alle due opere (Genesi e Gilgamesh), la cui rigorosa e ferma impostazione dice come pienamente assimilato il messaggio di Giusto Pio.." Di più: ".. Giusto Pio, il violinista che qualcuno ha definito la coscienza di Franco". ..
Esagerazioni! "Spiritualmente" Battiato non aveva certamente bisogno di me. Certo, dal punto di vista artistico ho dato un contributo utile, questo sarei stupido a non dirlo. Ma tutti utili, nessuno indispensabile, su questo mondo. Mia mamma diceva sempre così. Sicché, ho lavorato tanto, ma che io sia stato proprio indispensabile per la sua arte è ridicolo.
.. Molti ascoltatori di Battiato [fra cui io, ndJB] sono molto legati alla collaborazione artistica dell'accoppiata Battiato-Pio, nella composizione dei dischi. Sono più affezionati al vecchio Battiato che a quello di adesso... Lei, nei dischi di Battiato, dal Cinghiale al Cammello, compare come arrangiatore, o direttore d'orchestra, o violinista, o coautore delle musiche. Le sonorità e la ritmica che hanno reso inconfondibile lo "stile Battiato" in realtà sono opera di Giusto Pio, visto come è cambiato in seguito lo stile di Battiato?
Ma no, sono di tutti e due insieme, ognuno ha dato il suo contributo. Lui ci avrà messo il 99% e io ci avrò messo l'1: ognuno ci ha messo il suo.
Come avveniva la stesura di una canzone?
Non c'era un metodo, a volte le canzoni nascevano casualmente. Ad esempio una volta eravamo in macchina, durante un tour. Passando per Poggibonsi mi ricordai di una canzone del tempo di guerra sull'aria di "Amapola". Il testo diceva: "Poggibonsi è stata evacuata...". E Battiato aggiunse: "e Gerusalemme liberata", e così è nata una canzone per Milva. Per quel disco avevo preso tutti gli appunti in macchina, durante la tournée. Tornati a casa siamo andati direttamente in sala d'incisione. Prendiamo "L'Era del Cinghiale Bianco", per esempio, di cui c'è anche un video ambientato in Turchia: l'introduzione della canzone faceva parte di un altro provino che avevamo fatto in casa e che successivamente è stato inserito nella canzone. "Alexander Platz": prima era stata scritta per Alfredo Cohen e si chiamava "Valery"!
Le musiche delle canzoni di quegli anni di chi sono?
Di tutti e due. Naturalmente se io avevo un'idea, Battiato ne aveva 10.000! Era un vulcano!
E di tutto questo repertorio vastissimo, c'è qualche canzone, o una in particolare cui è legato affettivamente?
No, sono tutte uguali.
E c'è qualcosa che lei non avrebbe mai voluto scrivere, ripensandoci?
No. Lavoravamo con il massimo impegno. Non sono canzoni buttate lì, questo è poco, ma sicuro. Anche Battiato adesso lavora con una serietà e un impegno incredibili. Non come certi cialtroni che vanno in sala d'incisione senza idee e si affidano agli strumentisti, facendo uscire dischi nati dal caso. Battiato va in sala d'incisione con le idee chiare, preparato, preciso.
.. Parliamo delle vostre collaborazioni con Alice, con Giuni Russo, con Milva... Dovendo descrivere queste grandi interpreti, cosa direbbe di ciascuna?
Sono diverse tra loro, ma sono tutte bravissime. Purtroppo, per avere successo, bisogna anche sapersi gestire: non basta che uno sia bravo a far musica, deve essere anche bravo a proporla e fortunato a trovare chi la sa vendere, promuovere e tenere buoni rapporti col pubblico. Milva, per esempio, è una che ha sempre saputo gestirsi bene. Lei, però, non scrive musica, è un'interprete, e di grande serietà.
Alice: ha ascoltato le cose che sta cantando ultimamente?
Si, ho sentito anche la canzone di Sanremo, scritta da Juri Camisasca.
C'è un disco di Giuni Russo firmato da lei e Battiato...
Metà brani, perché l'altra metà sono di Giuni e di Maria Antonietta Sisini. Un brano è di Mino Di Martino.
Sibilla..
Ah, Sibilla, bravissima anche lei!
Cosa successe quella volta a Sanremo...?
Stonò in modo allucinante! Io e Battiato non potevamo andare a Sanremo, non avevamo tempo perché eravamo in sala d'incisione. Allora la accompagnò il produttore. Lei fu presa dal panico e per aiutarla, invece di mandarle la base sopra cui lei doveva cantare, le mandarono il brano intero. Lei doveva solo far finta di cantare. Invece cantò lo stesso e si sentì ancora di più la stonatura. Quando la sentii in televisione la sera a casa mia, mi misi a ridere. Fu un disastro. Un disastro! Peccato, perché era bravissima, e la canzone ha venduto 30.000 copie nonostante tutto! Poi, dopo "Oppio" e "Svegliami" fece un altro paio di canzoni, "Plaisir d'amour" e "Sex-appeal to Europe", sempre cantando molto bene, ma ormai la casa discografica l'aveva scaricata.
Di Camisasca cosa dice?
È molto bravo, Juri. Spero ottenga più successo prima o poi, perché meriterebbe molto di più. Ha una voce splendida e compone pezzi molto belli. .. Comunque in quel periodo mi sono divertito, mi è piaciuto lavorare, ho guadagnato anche dei soldi, ma tutto fu fatto con serietà, e sempre solo con Battiato. Ci sono state tante cose molto positive. Ai tempi de "La voce del Padrone" cominciavo sempre io i concerti con "Giardino Segreto" (che è un'aria di Bach), poi "Ostinato" (che è stato anche sigla della trasmissione "Sereno Variabile"), infine "Legione Straniera". Quindi cominciava il concerto di Battiato. Facevo come da supporter.
.. È più facile scrivere musica leggera o musica cosiddetta "classica" o "colta"?
Direi che si fa più fatica a scrivere musica leggera, perché in pochi minuti devi dire tutto e farci stare dentro tutto. Ci sono dei musicisti di cosiddetta musica colta che non sono capaci di fare una canzone. .. Comunque, accanto a brani molto interessanti, ce ne sono altri di pessima fattura.
Al di là dell'impegno e della serietà con cui lavoravate, vi sarete certamente divertiti a scrivere alcune canzoni! Penso a quelle di Giuni Russo, da "Un'estate al mare" a "Una vipera sarò"; penso a "Cocco fresco cocco bello" per Ombretta Colli...
Sì, ci siamo divertiti molto, anche perché tutto è stato fatto con molta passione! Ogni tanto capitava anche che si improvvisasse... penso al finale di violino de "Il sole di Austerlitz", con Giuni Russo che prende la nota finale, un "SI" acuto, e poi scende... Ma penso anche alle idee che a Battiato e a me erano venute inserendo il Coro dei Madrigalisti di Milano in alcuni incisi di certe canzoni: mettere un coro in un certo senso "classico" nella musica leggera non era un'operazione comune. Oppure "Il vento caldo dell'estate" per Alice. Pensi che i musicisti tedeschi che dovevano eseguire il brano erano molto perplessi perché io e Battiato avevamo pensato la struttura della canzone in un modo alquanto originale e fuori dagli schemi comuni, e cioè fermando la ritmica durante l'inciso, aggiungendovi accordi d'organo. Beh, insomma, sono stati davvero bei tempi! Ed è bello sapere che tante di queste canzoni sono state per molte persone come "colonne sonore" della loro vita.
Quindi ricorda con nostalgia quegli anni...
No. Nostalgia è una parola sbagliata. Anche dalla RAI me ne andai dopo tanti anni e tante soddisfazioni, ma senza nessuna nostalgia. Bellissimi ricordi, questo si!
.. Come mai ha smesso di collaborare con Battiato?
Primo perché sono diventato troppo vecchio; secondo perché non volevo essere una palla al piede e terzo perché volevo lasciare un buon ricordo.
.. Com'è la musica che scrive adesso?
Mah, in realtà sia la Messa sia quello che sto facendo adesso risponde ad un unico mio modo di pensare il suono. L'anno scorso ho scritto "Sensori della memoria" ..: un brano realizzato con mezzi elettronici, dove si alternano momenti di speranza e momenti di dolore. Quando Battiato lo ha ascoltato, ha detto che secondo lui avrebbe meritato d'essere fatto con un'orchestra vera, perché facendole con l'elettronica certe cose non rendono! I violini, per esempio, non possono rendere come quando sono suonati dal vivo, perché ogni centimetro di arco ha una sonorità diversa che non puoi ricreare con l'elettronica, dove purtroppo hai solo quel colore fisso.
Non ha mai pubblicato questo lavoro?
No.
.. E lei non è interessato a far pubblicare queste musiche così da essere messe in commercio?
Sì, si potrebbe anche farlo, ma non è facile trovare la casa discografica disposta a scommettere su questo tipo di musica. Le grosse case discografiche, se non vendono almeno 100.000 dischi non pubblicano più niente.
Quindi anche sotto questo punto di vista Battiato stesso non può far niente?
No. Battiato aveva un'etichetta, l'Ottava, ma era sempre in perdita. Battiato è un gran generoso e investiva un sacco di soldi per produrre alcuni dischi, ma purtroppo...
Mi parli della Missa Populi. Perché proprio una Messa?
È stata una necessità... molti musicisti hanno scritto una Messa, non è un caso. ..
Se dovesse fare un raffronto con la Messa Arcaica di Battiato...
La sua è di natura squisitamente meditativa. Per esempio il Kyrie eleison lo usa per la meditazione.
Intervista a Juri Camisasca
.. Essendo tu un Leone, sei naturalmente uno spirito di grande energia e istintiva voglia di vivere; come si coniugano queste qualità con una vita fatta apparentemente di rinunce?
Bisogna vedere a cosa si rinuncia, in realtà quello che può apparire come una rinuncia è un abbracciare un concetto più ampio della vita, quindi rinunciare alla banalità per abbracciare valori più alti. .. Il problema è proprio fare silenzio: è una cosa difficilissima. Vivere nella solitudine è combattere con il turbinio dei pensieri e con l’inerzia. La mente è come uno specchio. Quando l’ottusità dell’intelletto si calma e la nebbia dei pensieri scompare, le forze segrete dell’anima vengono allo scoperto.
Anche nei tumulti della città questo è possibile?
Certamente.
.. Sento una grande serenità nella tua scelta.
Se non si è sereni, non si possono fare certe scelte.
.. Un uomo spirituale come te, come vive la sessualità?
Ma che cos’è la sessualità? Penso ci sia molta confusione su questo argomento.Si fraintende la sessualità con la genitalità.Nella misura in cui cresce l’amore per Dio, sulla via che porta alla trasformazione della coscienza, le altre cose cessano di turbare la mente.A seconda di come tu hai pensieri, così sei.
E l’erotismo?
Un certo tipo di catechismo ci ha messi con le spalle al muro e forse ha fatto più male che bene. L’eros non si può eliminare dalla vita. La vita è erotica, l’universo è erotico. L’eros è vitalità, è comunicazione. Se non ci fosse l’eros non ci sarebbe nemmeno l’esistenza. Bisogna solamente sapere come utilizzarlo ai fini di un’apertura verso l’alto.
.. La vita ritirata e di contemplazione può rappresentare una fuga dalle responsabilità?
La realtà per me è una sola ed è quella spirituale.E’ fuggendo da essa che si compie la vera fuga. Io non fuggo dalla realtà, ma mi avvicino ad essa. .. Non è ciò che gli altri pensano di me che conta, ma ciò che io sono.
Quali ritieni siano le pecche del tuo ego?
Nel Vangelo c’è scritto: "Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre".E chi può esserlo? Una persona quando si evolve vede inevitabilmente anche la propria limitatezza. Una volta un monaco camaldolese mi fece un esempio.Era verso l’imbrunire. Mi disse: - Vedi questo saio? Ora che è sera lo vedi bianco, ma domani col sole ti accorgerai che è tutto pieno di macchie.- Così mi sento io.
.. E se qualcuno ti domandasse come si può trovare la serenità, tu cosa gli risponderesti?
Tratta ogni essere umano come fosse un fiore e vivrai felice.
Intervista ad Angelo Privitera
.. Angelo Privitera, dopo aver intrapreso la carriera di concertista classico, dal 1990 è entrato a far parte del gruppo dei .. collaboratori [di Battiato] nelle poliedriche vesti di tastierista, programmatore, trascrittore spartiti, webmaster [del sito ufficiale Battiato.it, che gestisce personalmente], ecc. .. A partire dall'allestimento dell'opera "Gilgamesh", .. Angelo Privitera è stato sempre accanto a Battiato, presente sia in studio che in tutti i tour.
.. Come hai conosciuto Franco?
Nel 1985, durante una cerimonia commemorativa per il 60° anno di fondazione del Liceo Scientifico di Acireale (entrambi abbiamo frequentato il sopracitato liceo ovviamente in anni diversi).
.. Sei cambiato interiormente da quando lavori con Battiato?
Penso di no.
.. Hai interesse per l'esoterismo?
Preferisco la concreta realtà.
Parlando di hobbies, sappiamo che [possiedi] una raccolta personale di album di Battiato.
.. La discografia Battiatiana in mio possesso è abbastanza completa: alcuni dischi sono ormai introvabili (ho fatto l'impossibile per averli) e li conservo gelosamente come ad esempio il singolo La convenzione e Paranoia. Mancano solo un paio di 45 giri degli anni '60.
.. Secondo te Franco in percentuale nella sua musica mette più genio, o più mestiere?
Direi fifty-fifty
.. Com'è Franco in qualità di chitarrista?
Rockettaro!
.. Franco assume un modo di fare diverso in tour, oppure i suoi atteggiamenti sono sempre più o meno uguali?
Non cambia mai!
L'atmosfera dietro le quinte, con quell'affabulatore di Sgalambro è particolare? nascono discussioni, teorie, racconti affascinanti nei tempi d'attesa?
Beh, sicuramente non ci si annoia!
.. Secondo te il rapporto Sgalambro/Battiato può essere definito un rapporto quasi padre/figlio? (Personalmente vedo Franco molto vivace ed adolescenziale dentro).
C'è una grande intesa.
Credi che questa collaborazione (Sgalambro ai testi) un po' invisa agli ascoltatori, continuerà tranquillamente?
E perchè no?
.. Come giudichi le iniziative varie ( siti web, newsgroup, chat, ecc) dedicati a Battiato in Internet?
Carine.
.. Franco vede mai queste pagine?
Qualche volta.
E tu, ne sei un frequentatore?
Raramente.
.. Quanti iscritti hai nella tua Mailing List?
Quasi 13.000.
Hai mai avuto attacchi hackers, o tentativi?
No e spero di non averne
Quante lettere arrivano in media al tuo sito?
Difficile fare una stima....comunque tantissime
Le lettere vengono lette tutte?
Certamente.
Qual è il segreto per avere una tua risposta? (molti lamentano tanti tentativi infruttuosi).
Solo un po' di pazienza. Come ho già detto le lettere sono numerosissime e poter rispondere immediatamente a tutte diventa veramente difficile, anche perchè gli impegni strettamente musicali mi lasciano ben poco tempo.
Franco ha mai risposto, o contattato, qualcuno in rete?
Sì.
Due parole con Battiato..
Come nasce una canzone? ("Week-in-Rock", MTV, 6/12/1998)
Vedi anche la rassegna stampa..
intervista di Monserrat Lluis (El Norte de Castilla, 5 maggio2002), su Battiato Virtual
da BattiatoVirtual.IT
da La Sicilia, 25 Ottobre 2001
di Cesare G. Romana su Il Giornale (1° maggio 2001)
di Guido Guidi Guerrera
di Miguel Mora su EL PAÍS (26 ottobre 2001) e Carmen Torrente - traduzione di P.M.Fernandez
di don Marco, Alessia e Paolo (Castelfranco Veneto, ottobre 2000)
di Donatella De Vincentiis
di Aldebaran
(Apri la lista con tutti gli MP3)
Come si è trovato a lavorare con altri musicisti per "Gommalacca"? (idem)
Fra questi c'era Morgan dei Blu Vertigo.. (idem)
Morgan, che ci dici di "Gommalacca"? (idem)
Domande New Age ("New Age magazine", TMC2, 1996)
Un servizio del TG3 all'uscita de "L'imboscata" (TG3, 1996)
Come sono le canzoni de "L'imboscata" (idem)
Alberto Castagna chiede del "video d'autore" ("Stranamore", Canale5, 1996)
Andrea Pezzi, nel video de "Il ballo del potere" ("Kitchen", MTV, 12/1998)
Il video de "Il ballo del potere (idem)
Il bello assoluto (idem)
La cipolla (idem)
Il nuovo disco (idem)
Al contadino non far sapere.. (idem)
L'intelletto sta nel cuore (idem)
Giù dalla torre butterei... (idem)
Mangiando s'impara (idem)
Il primo che ride è scemo (idem)
I "regali del cielo" (idem)
La Risorgimentale (idem)
Bach & Bruce Springsteen (idem)
Il sufismo (idem)
Il vegetarianesimo (idem)
Intossicazione da fumo e da carne ("Night express", Italia 1, 3/12/1998)
Perchè la Sicilia è terra di genii? (idem)
"Shock in my town, velvet underground": che rima banale! (idem)
Quale personaggio storico avresti voluto essere? (idem)
Il rinnovamento della canzone italiana (idem)
Morgan: "Sono un fan di Battiato" (idem)
Ti chiamano "il maestro di Catania".. (idem)
"La cura" e "Auto da fè", amore e sesso senza sentimenti (idem)
La storia di Franco Battiato e Alice (idem)
Come cavare una risposta interessante dalla domanda insulsa di un tapìno (idem)
Sperimentazione musicale ed avanguardia (idem)
Le canzoni in arabo (idem)
Il codino e il presidente della casa discografica (idem)
"Cosa ritieni abbia capito, il tuo pubblico, di te?" (idem)
Guardarsi le spalle ed evitare le imboscate (idem)
"Sei un po' farfallone.." (idem)
Collaborazione con nuovi talenti(idem)
"Preferisci ancora l'insalata a Beethoven & Sinatra?" (idem)
"Come ti sei salvato dal divismo dei fans?" ("Sonic", MTV, 10-12-1998)
Maria Callas e il divismo (idem)
La differenza tra le canzoni anni'80 e quelle di oggi (idem)
Equilibrio interiore (idem)
"Come vedi l'Italia oggi?" (idem)
"Il tuo rapporto con la musica leggera quando facevi musica impegnata." (idem)
"Hai rimpianti per il passato?" (idem)
"C'era sadismo, ad obbligare la gente ai voli pindarici dei tuoi testi pop?" (idem)
Milva parla di Battiato e di Alice ("Ci vediamo in tivù", 12/4/1999)
"Cori nelle messe tipo Amanda Lear" ("Elisir d'amore", TV, 2002)
La sperimentazione ("Elisir d'amore", TV, 2002)
Il successo ("Elisir d'amore", TV, 2002)
Anni '70 vs Anni '80 ("Elisir d'amore", TV, 2002)
Spiritualità / slogan / amore ("Elisir d'amore", TV, 2002)