Il labirinto | |
di Ottavio Cane |
Mura altissime intorno a noi, tetre, incombenti, che si dipanano in strettissimi corridoi senza fine, intervallati da curve misteriose e minacciose, oltre le quali troviamo ulteriori baluardi e curve che ci portano (o NON portano) da alcuna parte: apparentemente senza costrutto, ma solo in apparenza, in quanto se questo luogo esiste e noi ci siamo dentro, qualcuno si sarà pur dato da fare per creare tale mostruosità.
Penetrando in essa, talvolta, quasi a micragnoso sostegno e soccorso, ecco che, improvvisamente, si aprono degli ampi spazi, dei piazzali che danno un attimo di respiro ma che, subito dopo, ci indirizzano in altri budelli, senza soluzione di continuità.
Siamo entrati, ci siamo inoltrati all'interno.. ora però, quale che sia stata la motivazione, vogliamo uscirne: prima, baldanzosi e speranzosi; ma poi, aumentando le difficoltà, sempre più preoccupàti, agitàti. Finchè, presi dall'affanno, cominciamo a correre avanti, senza scopo, torniamo sui nostri passi, giriamo in tondo, cerchiamo di arrampicarci, scorticandoci le mani sulle ruvide pareti. Cerchiamo, cavandoci gli occhi, ogni possibile segno particolare da ricordare, che ci faccia da guida, ce ne allontaniamo ma, fatalmente, lo rincontriamo poco dopo. Siamo in preda allo sconforto.
Dallo sconforto alla paura, dalla paura al panico, dal panico alla follia, dalla follia all'oblio che, alfine, lenisce le nostre pene. Ed allora corriamo a più non posso nei bui corridoi, giriamo, rigiriamo, cantiamo, urliamo, .. e avvolti da questa nebbia ci perdiamo e siamo vittime del minotauro. Questa creatura era una preoccupante ma lontana presenza della costruzione, ne avevamo appena avuto il sentore: rumori, grida, attutiti dalle pareti. Ora è dappertutto, ci rincorre, ci fa la posta, aspetta l'attimo supremo, ci stana e non facciamo a tempo a sentire il suo fiato sul collo che ci assale, ci sbrana, ci divora, e quindi.. siamo liberi!
Il labirinto è il nostro cervello, con le sue intricate circonvoluzioni: noi vi entriamo in continuazione - anzi, praticamente vi abitiamo in permanenza, lo giriamo in lungo e in largo, senza problemi. Finchè un giorno siamo attratti dal minotauro, il nostro lato-ombra: o perchè dalla sua immensa voragine oscura emana un tal fascino che ci spinge ad approfondirne la conoscenza, oppure vittime della sua oscurità siamo aspiràti, nostromalgrado, dal suo gorgo che finisce per inghiottirci. Presi da tale gioco (o sventura) ci dimentichiamo del Costruttore e dei limiti che ci ha posto, e ci perdiamo in questo complicato samsara senza uscita.
Solo due uomini sono riusciti a venirne fuori:
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