Eraclito parla chiaramente dell'Uno [cfr. Pitagora], .. quell'entità metafisica .. presente in tutti gli esseri ed in tutte le cose e realtà spirituale di ciascuno di noi. Essa viene dal filosofo chiamata con differenti nomi, secondo il suo diverso modo di manifestarsi nell'universo e nella psiche3. Tra questi nomi vi è quello di lògos, che letteralmente significa Parola; ma non una parola qualunque, perché in essa è contenuta l'idea di qualche cosa di eletto e di spirituale, e veniva usata fin dall'epoca di Omero ad esprimere un'attività dello spirito. [cfr. il Vangelo]
Tale termine trova il suo equivalente in un nome largamente usato nel linguaggio metafisico dell'India, per indicare un'entità che ha le stesse caratteristiche del Logos, e questo nome è Brahman. ..nei testi vedici più antichi, aveva il valore di "parola sacra" con speciale riferimento al suono "Aum" (om) ..Logos e Brahman .. hanno entrambi il significato di Parola con un certo valore di sacralità e stanno entrambi ad indicare l'Ente preso in senso astratto e quale espressione di supremo Vero5.
..Se si considera che il tempo e l'eternità (kâlâc-âkalaçca, tempo e senza tempo) sono due aspetti di un unico ente (aspetto manifesto e non manifesto)8, che riunisce in sé tutte le polarità e le opposizioni, chi accede ad esso, realtà unica che trascende «il giorno e la notte»9, ossia trascende i contrari, che sono l'espressione della limitatezza e della sofferenza, «passa al di là del dolore»10.
«Chi vede [questa verità] non vede la morte, né la malattia; né il dolore; chi vede, vede il Tutto, raggiunge il Tutto da ogni parte. Egli diventa unico, diventa triplice, settemplice e nonuplo [3,7,9 -> cfr. l'enneagramma di Gurdjieff - ndJB], ed inoltre vien ricordato ch'egli è undici e centoundici e ventimila»11.
Ma questa conoscenza, che viene considerata il più alto vertice del sapere e via di salvazione12, non è agevole né accessibile a tutti; solo pochi eletti possono pervenire ad essa attraverso l'insegnamento di un maestro che «li liberi dalle bende dell'ignoranza»13 e l'aiuto della fede perché «quando uno, invero, ha fede, allora pensa. Chi non ha fede, non pensa»14.
..«Agli altri uomini sfuggono le cose che fanno quando sono desti, come non sanno quanto compiono dormienti».
..Eraclito considera il sonno da un punto di vista metafisico: l'uomo, durante il sonno, separato dal mondo sensibile, vive d'intensa vita spirituale, alimentandosi alla luce della propria anima17, e crea sogni e si immedesima con l'Assoluto18. In tale stato egli supera questo mondo d'illusorie differenziazioni, ritrova il Vero e con esso la suprema beatitudine. È una condizione simile a quella riservata allo spirito umano, quando la morte abbia spezzato i legami con la realtà empirica: per questo l'uomo dormendo «si accosta a chi è morto» (fr. 26). Poi, al risveglio, perde coscienza di quanto è avvenuto durante il sonno e dimentica la luce della verità, per lasciarsi nuovamente ingannare dall'apparenza delle cose labili e transitorie («Morte sono le cose che vediamo appena desti», fr. 21)19. Per questa ragione lo stato di veglia, dal punto di vista metafisico, è simile allo stato di sonno dal punto di vista fisico («svegliato si accosta a chi dorme», fr. 26). Ora l'espressione «Non sanno quanto compiono dormienti», del fr. che stiamo esaminando, si riferisce all'oblio per l'uomo, durante lo stato di veglia, di quanto era avvenuto mentre dormiva.
Nel corso del libro il filosofo parlerà poi ripetutamente di "dormienti" in senso metaforico20. Nel fr. 75 li chiama «cooperatori inconsapevoli dell'ordine cosmico», nel fr. 73 ammonisce che «non bisogna parlare ed agire come dormienti», e nel fr. 89 afferma che «per i pienamente desti esiste un solo mondo sociale [olistico - ndJB]; i dormienti si ripiegano ciascuno verso un proprio mondo personale [scientifico - ndJB]».
..Per questa ragione gli uomini debbono considerarsi un tutto sociale, non viventi una vita indipendente ed esclusiva. Quindi le idee da seguire sono quelle che, essendo comuni a tutti, debbono essere considerate vera manifestazione del thèion, non espressione personale ed inganno dei sensi.21
Si comprende quindi come "per i pienamente desti", cioè per coloro che hanno capito il vero valore della vita, nella quale l'umanità rappresenta un tutto unico ed inscindibile (qualche cosa di più che un vincolo di fratellanza), esista "un solo mondo sociale" e "i dormienti", che non sono consapevoli del legame che li unisce ai loro simili, si ripieghino ciascuno verso un loro mondo esclusivo.
Poiché, come abbiamo visto, il nostro filosofo attribuisce somma importanza alla Sapienza22, intendendo per sapienza la "Metafisica dell'Essere", nella quale egli vede la soluzione di tutti i problemi della vita universa, ne consegue ch'egli giudica prevalentemente i suoi simili secondo l'interesse che manifestano per essa23.
Dunque vediamo da una parte i pochi saggi che ricercano la Verità e dall'altra «oi pollòi», i quali o si curano esclusivamente delle soddisfazioni materiali che la vita può offrire loro e «si rimpinzano come capi di bestiame»24 [cfr. i "muda" dei Veda - ndJB]
..Come abbiamo visto27, i punti di contatto tra la speculazione eraclitea e quella indiana non sono pochi né trascurabili. Dal concetto dell'Uno-tutto all'identità dell'anima universale con quella individuale, dalla Teoria degli Opposti al loro superamento attraverso la conoscenza dell'Essere, dall'importanza dell'introspezione al disprezzo per coloro che ignorano le supreme verità metafisiche, dalla dottrina delle "due vie" a quella dello stato dello spirito durante il sonno, abbiamo tutta una catena di concordanze che involgono l'intero sistema28, le quali, per il loro particolare carattere, non possono essere effetto del caso e non vanno quindi sottovalutate. ..i frammenti del filosofo, se esaminati alla luce del pensiero vedico, si compongono in unità intorno ad un nucleo centrale, l'Uno (il Logos), e tutto diviene chiaro, semplice, facile30; troppo semplice e troppo facile in rapporto all'immagine che di Eraclito, come osserva il Kirk31, ci eravamo creati, prestandogli i termini di una speculazione posteriore.
NOTA 4- La sillaba "aum" è l'inizio dei Veda e con essa il sacerdote iniziava il canto dell'Udgita.
NOTA 7- ..Pure per Eraclito il tempo ha carattere ciclico; anche in questo egli seguiva il sistema indiano [e] considerava il "Grande Anno" di 10.800 anni, mentre l'anno babilonese era costituito da 432.000 anni.
NOTA 11- [Dice Eraclito:] «Non lavoravo per voi: per quelli che mi comprendono. Un solo uomo è per me tre volte diecimila e gli innumerevoli sono per me come nessuno».
NOTA 13- V. Chand.-Up., VI, XIV, 1-2. La difficoltà di conoscere l'Ente è chiaramente affermata pure nell'Aranyaka, dove, tra l'altro, sta scritto: «Quello che stando in tutti gli esseri è differente da tutti gli esseri e che gli esseri non conoscono. ..» [ossia Dio - ndJB]
NOTA 14- ..Eraclito, nel fr. 86, scrive: «Ma delle cose divine la maggior parte sfugge alla conoscenza umana per mancanza di fede» (trad. Mazzantini).
NOTA 17- «Nella notte [il mondo - ndJB] accende un lume [la Sapienza - ndJB] a se stesso...» (fr. 26)
..«Per mezzo del sonno [la proiezione astrale, il "sonno consapevole" - ndJB], mantenendo in completo riposo il corpo, esso, che non è addormentato, illumina del suo sguardo coloro che sono addormentati». (Aranyaka, III. IV, 12.) .. «Avendo vagabondato, avendo visto il bene ed il male, in senso inverso ritorna verso di sé per il risveglio. Di quanto esso ha potuto vedere in quello stato, nulla lo accompagna [=non puoi ghermire il piano astrale e portarne uno scampolo con te nel mondo fisico - ndJB]». (Aranyaka, IV, III, 17). «Quando uno dorme così, lo spirito, fatto di conoscenza, riprende agli organi la facoltà che aveva loro prestata di conoscere». (Chandogya, VI-I-2). «Nel sonno l'anima. l'unico uccello d'oro dello spirito, .. in possesso della luce essa ritorna al suo vero posto [quella che io chiamo Casa Mia - ndJB]. Mentre essa lascia il soffio vitale [il respiro] sorvegliare il suo nido anteriore [cioè, il corpo], immortale essa s'invola da questo nido e circola dove le piace.
NOTA 19- In questo stato di sonno l'uomo si eleva, dice la Brhadânyaka (IV, III, 14) al di sopra «di questo mondo e delle forme di morte» (mrtyo-rûpani). E qualche pagina indietro leggiamo: «In verità questo Purusha [«Quel "Purusha", che veglia nei dormienti, creando questo e quel godimento, è la vera luce, è il Brahman». (Kathaka, II. IV, 1)], quando nasce, quando si riveste di corpo, entra in contatto con i mali, e quando se ne distacca abbandona i mali, che sono le forme della morte» (III, IV, 8).
NOTA 20- Il filosofo allude a coloro che guardano il mondo dal punto di vista empirico. Essi rimangono ingannati dall'aspetto esteriore delle cose e le vedono molteplici
NOTA 28- Alcuni studiosi sono disposi a riconoscere l'origine orientale di qualche concetto o di qualche frammento di Eraclito e, nel tempo stesso, si dichiarano avversi alle interpretazioni basate sulla filosofia orientale. Essi non si accorgono che, in tal modo, anzitutto ammettono implicitamente che tali dottrine dovevano esser note al filosofo e poi non tengono presente che i frammenti non possono essere considerati avulsi l'uno dall'altro. Se l'Efesio accetta «l'inserirsi dei morti nella Ragione Eterna come un riassorbimento» (v. C. Mazzantini, Eraclito, Pref., p. 42) deve, per necessità di cose, aver accettato pure il concetto dell'Uno-tutto, che ne è la premessa ed il fondamento.
NOTA 29- Per quanto riguarda la critica storica è importante tener presente che, anche se mancano documenti a provare l'esistenza di rapporti culturali tra India e Grecia, non mancano elementi che possano farci ritenere probabile la loro esistenza. A quanto scrive a questo proposito Jean Filliozat (L'Inde et les échanges scientifiques dans l'antiquité, in «Cahiers d'Histoire Mondiale», vol. I, n. 2, oct. 1953) credo di dover aggiungere che se, come prova l'Iscrizione di fondazione del palazzo di Dario a Susa, le materie prime per l'opera erano venute dal più lontani paesi dell'Impero, India compresa, non è da escludere che lo' stesso spirito cosmopolita si sia fatto sentire nella costituzione della fastosa corte. che quella reggia doveva ospitare.