CAPIRE GLI INGEGNERI
dal libro "lavori socialmente inutili - ingegneri"
«L'ingegnere non vive: funziona.»
ESPERIENZA n°1
Due studenti in Ingegneria s'incontrano per strada. Uno dice all'altro con fare ammirato: "Dove hai trovato questa bici?"
Il secondo risponde: "Beh, ieri mentre camminavo ed ero assorto nei miei pensieri, incrocio una stragnocca in bicicletta: si ferma davanti a me, posa la bicicletta in terra, si spoglia completamente e mi dice: prendi ciò che vuoi! E io mi sono preso la bici."
Il primo approva: "Hai fatto bene, i vestiti ti sarebbero stati certamente troppo stretti!"
ESPERIENZA n°2
Un prete, un medico e un ingegnere giocano a golf. Devono fare la coda appresso a un gruppo di giocatori alquanto lenti. All'improvviso, l'ingegnere esplode e dice: "Ma che diavolo fanno? È un quarto d'ora che aspettiamo!"
Il dottore interviene, anch'egli esasperato: "Non lo so, ma non avevo mai visto persone tanto in difficoltà!"
Al che il prete dice: "Aspettate, ecco qualcuno del Golf Club. Non dobbiamo fare altro che chiedere a lui...". "Scusatemi! C'è un problema con il gruppo lì davanti? Sono piuttosto lenti, no?"
L'altro risponde: "Ah si, è un gruppo di pompieri ciechi. Hanno tutti perso la vista cercando di salvare il Golf Club dalle fiamme l'anno scorso, e da allora li si lascia giocare gratis"
Il gruppo resta in silenzio un momento, poi il prete dice: "È molto triste. Pregherò soprattutto per loro questa sera."
Il medico aggiunge: "Ottima idea: quanto a me, contatterò un collega oftalmologo per verificare che si può fare per loro."
E l'ingegnere: "Ma perchè non giocano la notte?".
ESPERIENZA n°3
Tre studenti in Ingegneria discutono sugli eventuali creatori del corpo umano.
Il primo dice: "Per me, era un ingegnere meccanico: guarda tutte queste articolazioni!".
Il secondo: "Ma no! Era un ingegnere elettronico: il sistema nervoso ha migliaia e migliaia di connessioni elettriche".
Il terzo ribatte: "No, in realtà, era un ingegnere ambientale: chi altri avrebbe potuto pensare di fare passare un canale per i rifiuti tossici in mezzo a un'area ricreativa?".
ESPERIENZA n°4
Le persone normali credono che, se un oggetto funziona, significa che non c'è nulla da riparare. Gli ingegneri credono che, se funziona, è perche non fa ancora abbastanza cose.
ESPERIENZA n°5
Un architetto, un artista e un ingegnere discutono se valga la pena passare il proprio tempo con la moglie o con l'amante.
L'architetto: "Io preferisco passare il tempo con mia moglie, e costruire solide fondamenta per una relazione stabile...".
L'artista risponde: "Io preferisco passare il tempo con la mia amante, per la passione e il mistero che ci trovo..."
L'ingegnere ribatte: "A me piacciono entrambe: se avete una moglie e un'amante, ciascuna di esse suppone che voi passiate il vostro tempo con l'altra, cosicché voi avete il tempo di passare in ufficio e lavorare un po'."
Siamo tutti concordi nel ritenere la simpatia una delle caratteristiche fondamentali di una persona, insieme all'intelligenza e alla bellezza (e al suo conto in banca). Ma in un mondo dove, pronunciate con la giusta tonalità, le parole bello e furbo significano rispettivamente «pezzo di ciospo» e «bravo fesso», anche l'espressione «è simpatico» deve destare sospetto, se usata in due contesti particolari:
E nell'immaginario collettivo, effettivamente, l'immagine dell'ingegnere non spicca per brillantezza: egli è riconosciuto come un genialoide e ci si fida di lui ogni qual volta si prende un aereo, si sale su una funivia, si passa su un viadotto o dentro una galleria. Ma nella lista delle persone con cui si gradirebbe passare una serata, l'ingegnere viene poco prima del mostro di Milwaukee.
Oltretutto è l'ingegnere stesso ad alimentare questa cattiva fama e a ritenere che la nomea di noiosissimo attribuita ai suoi colleghi (non a se stesso, si badi) sia del tutto meritata. Al punto che il metodo più rapido per far breccia nel suo cuore è dirgli «tu sei un ingegnere atipico».
Ma è tutto vero? Gli ingegneri sono realmente dei noiosissimi fanatici di motori a propulsione idrodinamica, o sotto la rude scorza di civili, elettrici, meccanici, nucleari e quant'altro si nascondono degli allegri simpaticoni? E in che modo saper risolvere un'equazione differenziale di quarto grado li aiuta nella vita di tutti i giorni?
DA BAMBINO
Ingegneri si nasce o si diventa? Né l'uno né l'altro. Quello che conta è nascere in una famiglia della serie «mio figlio sarà un ingegnere e io farò di tutto affinché ciò accada». Apparentemente simile ai suoi coetanei, dunque, a uno sguardo attento il bimbo predestinato è riconoscibile da alcuni particolari.
IL NOME
L'ovvia osservazione che nessun «Gigi» o «Pino» sarà mai un importante dirigente d'azienda, fa sì che il genitore avveduto programmi persino il nome del nascituro, che non viene scelto dall'elenco dei Santi, bensì da quello dei premi Nobel. Più il nome è altisonante e più importante è il personaggio, maggiori saranno le aspettative dei genitori.
L'EDUCAZIONE
È una parte fondamentale del progetto «figlio ingegnere» e una delle più difficili da realizzare. Si tratta di far apparire interessante ed allettante una carriera da progettista alla FIAT: un'opera propagandistica che, in quanto a fantasia, supera quella dei «comunisti che mangiano i bambini».
La tattica è semplice: si tratta di incensare Ingegneria e contemporaneamente gettare fango su tutte le altre facoltà e professioni, con frasi del tipo: «Guarda com'è robusto e alto quel signore, Elvio; è senz'altro un ingegnere».
«Dai cento lire a quel laureato in scienze politiche che chiede l'elemosina, Odoacre».
«Uuuh, Rinaldo, guarda che carina quella bimba. Da grande diventerà sicuramente la moglie di un ingegnere».
«Aleramo, fai il bravo, altrimenti chiamo l'idraulico!»
Tra le mura domestiche verranno lette solo fiabe opportunamente modificate: Biancaneve e i sette ingegneri minerari, Cappuccetto Rosso e il Filosofo cattivo, Pollicino (con il rettore di Lettere nella parte dell'Orco). I papà più diabolici arriveranno anche a ri-doppiare i film e il bimbo crescerà avendo come eroe l'Ingegner Rambo.
I GIOCHI
Mentre i bambini normali fanno le battaglie con i soldatini, l'ingegnerino all'età di due anni ha già ricevuto una confezione da 20 kg di Lego, il Meccano, il Piccolo Chimico e ha dovuto firmare una dichiarazione in cui si impegna, prima di richiedere altri doni, a trovare il punto di fusione dello stagno e a costruire una riproduzione del ponte di Brooklyn in scala 1:10. E se proprio riesce a convincere i suoi a regalargli un bambolotto, si ritroverà ad essere l'unico bambino della compagnia a giocare con «Big jim progettista», in giacca e cravatta e 24 ore in finta pelle.
Al giorno d'oggi cambia la forma, ma resta la sostanza; niente Lego né Big jim, dunque. Ma, quando tutti i bambini videogiocano con Lara Croft o Fifa 2000, l'ingegnerino passa le sue ore al computer a «divertirsi» con Autocad 14.
COME SALVARSI
Se vi chiamate Rubbia (di nome), se nella versione del Titanic che avete visto la colpa era di un cattivissimo architetto che aveva sabotato l' altrimenti magnifico piano dell'Ing. Di Caprio e se all'ultimo Natale vi hanno regalato un tecnigrafò, siete messi male. L'unica soluzione è far fuori mamma e papà. Del resto, il fatto che essi abbiano deliberatamente deciso di farvi perdere 5 diottrie e metà dei capelli entro i 24 anni, e di farvi passare il resto della vostra vita a progettare alberi a camme, costituirà sicuramente un'attenuante nel caso vi becchino.
Ma attenzione: pensate prima a come mettere in pratica il vostro proposito. Se vi vengono in mente soluzioni efferate, passi. Ma se pensate di collegare alla maniglia della porta del salotto un'asta a bilanciere che, innestandosi in un toroide genera un impulso elettromagnetico che manda un segnale radiocomandato a un braccio meccanico che agisce sul grilletto di un fucile a precisione...
Se pensate tutto questo, lasciate perdere: l'opera di ingegnerizzazione è stata completata e non c'è più niente da fare.
L'UNIVERSITÀ
Per il predestinato ingegnere, l'iscrizione al Politecnico rappresenta solo un atto burocratico, una banale azione il cui risultato sarà il riconoscimento formale, da parte dello Stato, del suo essere un ingegnere.
Cosa che, peraltro, egli sapeva benissimo di essere già dalla nascita.
Pertanto la scelta della facoltà non è il risultato di dubbi angosciosi e di notti insonni passate a sfogliare i piani di studio di tutte le università italiane, da Araldica a Zoologia. No, andare all'università è una cosa che egli sa già fare, geneticamente, come dimensionare un flussometro o calcolare il logaritmo neperiano di 3.
Ma non tutti gli iscritti al primo anno di Ingegneria hanno la forza dei propri cromosomi dalla loro:
ANALISI
Mai nome fu più azzeccato: non si contano gli aspiranti ingegneri che finiscono in analisi dopo il 12° tentativo di passare l'esame.
E in effetti questo esame è uno dei più grossi spartiacque del corso di laurea: chi riesce a passarlo solo al 10° tentativo perderà notti di sonno, perderà peso e perderà i capelli.
Chi lo passa alla prima, in compenso, perderà gli amici: l'invidia è una gran brutta bestia.
In entrambi i casi affrontare l'esame di Analisi 1 ha un che di epico, è un po' come una grande battaglia, ognuno ha la sua fetta di aneddoti più o meno grotteschi da raccontare. E, come le grandi battaglie, anche Analisi 1 ha i suoi eroi.
Pensate a Ciccio (non un gran nome per un ingegnere, ma tant'è..) che, dopo mesi di accurata preparazione, si presenta a dare l'esame, salutando gli amici al grido di «ho studiato tutto. L'unica cosa che proprio non so, sono i due teoremi di Lagrange. Non ho capito niente».
15 minuti dopo
Professore: «Buongiorno».
Ciccio: «Buongiorno».
Professore: «Dunque.... cosa potrei chiederle... mi dimostri il teorema di Lagrange».
L'uomo comune inizierebbe a urlare, a balbettare patetiche scuse o a piagnucolare sul tono «le giuro che è l'unica cosa che non ho studiato, mi faccia un'altra domanda, la prego», ma Ciccio è un eroe e affronta la morte guardandola negli occhi: «Quale? Il primo o il secondo?».
«II primo».
A questo punto la platea è conquistata e segue la vicenda col fiato sospeso, sperando nel miracolo. Ciccio è già entrato nel mito e, se cedesse, lo capiremmo. Ma lui no. Prolunga l'agonia e lotta fino all'ultimo.
«Veramente il Primo non l'ho fatto».
«Non importa. Mi dimostri pure il secondo».
«Non ho fatto neppure il secondo. Vado?».
«Vada».
Applausi e pacche sulle spalle.
Ciccio è anche il perfetto esempio di un'altra classe di laureandi: lo sfortunatissimo. Quello a cui chiederanno sempre l'unica parte che non ha studiato. O, se ha studiato tutto, quella che ha capito un po' meno. O, se ha capito tutto, qualcosa che non è nel programma o che non è neppure ancora stato dimostrato.
Per questo, all'appello successivo, i Cicci combattivi si preparano sempre più meticolosamente, arrivando a telefonare ai pronipoti di Lagrange, per chiedere se per caso il loro trisavolo non avesse un terzo teorema gelosamente custodito nel cassetto (la probabile risposta sarà: effettivamente sì, l'abbiamo venduto ieri a un professore di Ingegneria, ha detto che lo avrebbe usato per un esame.)
Alla fine però, stanchi di lottare, i Cicci di tutte le sezioni di Ingegneria si piegheranno al destino, accetteranno qualunque voto pur di porre fine al calvario e si laureeranno con un'immeritatissima media del 22.
SCIENZA DELLE COSTRUZIONI
Esperienza comune a tutti i corsi di laurea, è considerato dai professori e da una certa categoria di studenti come un esame fondamentale per la formazione del laureando. E invece un orrido mattonazzo secondo altri studenti, quelli che hanno una vita.
La materia insegnata varia a seconda del corso di laurea, così come l'insegnante. Ciò nonostante alcune peculiarità si manifestano trasversalmente in tutte le sezioni, da Elettronica a Gestionale:
L'ULTIMO ESAME
Il passaggio del tempo a Ingegneria è segnato dall'allungarsi dei nomi degli esami. Si passa da Fisica a Meccanica Razionale (strano nome che sottintende l'esistenza di una Meccanica Irrazionale) a Meccanica Applicata alle Macchine. E ultimo esame, pertanto, di solito si chiama «Ingegneria del Reattore Nucleare a Fusione» o «Cinetica Statica dei processi chimici industriali».
La prima parte del corso, quella più complessa, consiste nell'impararne il nome a memoria.
La seconda parte è una prova di coraggio e fantasia: si tratta di presentarsi all'esame sapendo il meno possibile e di inventare la scusa più assurda per giustificare la propria totale impreparazione.
A riprova del livello di ottenebramento psichico raggiunto, il laureando pretende non solo di passare l'ultimo esame senza sapere nemmeno di cosa parli, ma se prende meno di 28 si lamenta pure.
D'altro canto, applicato nella vita di tutti i giorni, il ragionamento non è del tutto campato in aria: al bar, per esempio, dopo ventotto birre si può sperare che almeno la ventinovesima sia offerta dalla casa.
LA TESI
E una specie di rappresentazione teatrale della vita che verrà, dell'impatto, ormai prossimo, dell'ingegnere con il mondo del lavoro. In quanto tale, i primi mesi di tesi vengono passati nell'inattività più assoluta (rappresentazione della disoccupazione). Poi a giocare a Tetris con il potentissimo computer acquistato per scrivere la tesi (periodo di formazione). Quindi ci si getta nella stesura della tesi vera e propria, con l'entusiasmo del neoassunto.
Qualche mese dopo, da questo sforzo titanico uscirà un'imperdibile opera di 600 pagine, interessantissima già a partire dal titolo: Influenza della pallinatura sulla resistenza a fatica di un composito a matrice metallica. Dopo aver speso novecentomila lire tra fotocopie e rilegatura, il quasi ing. si avvia orgoglioso in segreteria, consegnando la tesi con una settimana di anticipo rispetto alla scadenza, «cosi avranno il tempo di leggerla con più attenzione».
Li lo sbarbato vedrà che il suo prezioso lavoro verrà riposto in una campana di plastica bianca con la strana scritta «Solo Carta» e gli verrà consegnato un modulo in cui gli si chiede di esporre in tre righe titolo e contenuto della tesi. Tre! Riuscire a condensare in tre righe sei mesi di ricerche è un impresa che meriterebbe la laurea ad honorem in Lettere. Vista la lunghezza dei titoli, tra l'altro, si finisce con lo scrivere cose del genere: <<Titolo: Analisi della fattibilità del progetto di contenimento dell'inquinamento acustico nelle immediate vicinanze dell'Aeroporto di Malpensa 2000, mediante l'installazione di barriere fonoassorbenti in silicato laminato. Contenuto: Fattibile.>>
Dopodiché, 10 minuti di discorso dall'effetto più potente di un litro di valium e l'ingegnere è finalmente tale.
Il suo destino è compiuto.
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